Capitolo 1

Creazione della materia primordiale – [1] In principio Dio creò il cielo e la terra. [2] La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Organizzazione del creato: primo giorno – [3] Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. [4] Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. [5] Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo.
Secondo giorno – [6] Dio disse: «Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque». [7] Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. [8] Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.
Terzo giorno – [9] Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto». E così avvenne. [10] Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona.
Ornamento della terra e del cielo – [11] Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie». E così avvenne. [12] E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. [13] E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
Quarto giorno – [14] Dio disse: «Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni [15] e siano fonti di luce nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne. [16] E Dio fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle. [17] Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra [18] e per governare il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio vide che era cosa buona. [19] E fu sera e fu mattina: quarto giorno.
Quinto giorno – [20] Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». [21] Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. [22] Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». [23] E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
Sesto giorno: Creazione degli animali – [24] Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie». E così avvenne. [25] Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la propria specie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona.

Storia di Adamo

Creazione dell’uomo – [26] Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
[27] E Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò:
maschio e femmina li creò.
[28] Dio li benedisse e Dio disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra e soggiogatela,
dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente che striscia sulla terra».
[29] Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. [30] A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. [31] Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.

Capitolo 2

Origine del sabato – [1] Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. [2]Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. [3] Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando.
[4] Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati.
Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo [5] nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, [6] ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. [7]Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. 
L’uomo nel paradiso terrestre – [8] Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. [9] Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. [10] Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. [11] Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla, dove si trova l’oro[12] e l’oro di quella regione è fino; vi si trova pure la resina odorosa e la pietra d’ònice. [13] Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre attorno a tutta la regione d’Etiopia. [14] Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate.
[15] Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.
[16] Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, [17]ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire».
Creazione della donna e il matrimonio – [18] E il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». [19] Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.[20] Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. [21] Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. [22] Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. [23] Allora l’uomo disse:
«Questa volta
è osso dalle mie ossa,
carne dalla mia carne.
La si chiamerà donna,
perché dall’uomo è stata tolta».
[24] Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne.
[25] Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna.

Capitolo 3

Tentazione di Adamo ed Eva – [1] Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?».[2] Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, [3] ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». [4] Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! [5] Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male».
Il peccato originale – [6] Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. [7] Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
Le scuse – [8] Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. [9] Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». [10] Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». [11] Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». [12] Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». [13] Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
La condanna – [14] Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché hai fatto questo,
maledetto tu fra tutto il bestiame
e fra tutti gli animali selvatici!
Sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
[15] Io porrò inimicizia fra te e la donna,
fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno».
[16] Alla donna disse:
«Moltiplicherò i tuoi dolori
e le tue gravidanze,
con dolore partorirai figli.
Verso tuo marito sarà il tuo istinto,
ed egli ti dominerà».
[17] All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: “Non devi mangiarne”, maledetto il suolo per causa tua!
Con dolore ne trarrai il cibo
per tutti i giorni della tua vita.
[18] Spine e cardi produrrà per te
e mangerai l’erba dei campi.
[19] Con il sudore del tuo volto mangerai il pane,
finché non ritornerai alla terra,
perché da essa sei stato tratto:
polvere tu sei e in polvere ritornerai!».
Adamo ed Eva cacciati dal paradiso terrestre – [20] L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.
[21] Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì.
[22] Poi il Signore Dio disse: «Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva per sempre!». [23] Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. [24] Scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all’albero della vita.

Capitolo 4

Caino e Abele – [1] Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo grazie al Signore». [2] Poi partorì ancora Abele, suo fratello. Ora Abele era pastore di greggi, mentre Caino era lavoratore del suolo.
[3] Trascorso del tempo, Caino presentò frutti del suolo come offerta al Signore, [4] mentre Abele presentò a sua volta primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, [5] ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. [6] Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? [7] Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai».
Il primo omicidio – [8] Caino parlò al fratello Abele. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. [9] Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?». [10] Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! [11] Ora sii maledetto, lontano dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. [12] Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». [13] Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono. [14] Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nascondermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi ucciderà». [15] Ma il Signore gli disse: «Ebbene, chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse. 
Stirpe di Caino e le prime arti – [16] Caino si allontanò dal Signore e abitò nella regione di Nod, a oriente di Eden.
[17] Ora Caino conobbe sua moglie, che concepì e partorì Enoc; poi divenne costruttore di una città, che chiamò Enoc, dal nome del figlio. [18] A Enoc nacque Irad; Irad generò Mecuiaèl e Mecuiaèl generò Metusaèl e Metusaèl generò Lamec. [19] Lamec si prese due mogli: una chiamata Ada e l’altra chiamata Silla. [20] Ada partorì Iabal: egli fu il padre di quanti abitano sotto le tende presso il bestiame. [21] Il fratello di questi si chiamava Iubal: egli fu il padre di tutti i suonatori di cetra e di flauto. [22] Silla a sua volta partorì Tubal-Kain, il fabbro, padre di quanti lavorano il bronzo e il ferro. La sorella di Tubal-Kain fu Naamà.
[23] Lamec disse alle mogli:
«Ada e Silla, ascoltate la mia voce; mogli di Lamec, porgete l’orecchio al mio dire.
Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura
e un ragazzo per un mio livido.
[24] Sette volte sarà vendicato Caino,
ma Lamec settantasette».
Discendenza di Adamo nel ramo di Set – [25] Adamo di nuovo conobbe sua moglie, che partorì un figlio e lo chiamò Set. «Perché – disse – Dio mi ha concesso un’altra discendenza al posto di Abele, poiché Caino l’ha ucciso».
[26] Anche a Set nacque un figlio, che chiamò Enos. A quel tempo si cominciò a invocare il nome del Signore.

Capitolo 5

I Patriarchi anteriori al diluvio – [1] Questo è il libro della discendenza di Adamo. Nel giorno in cui Dio creò l’uomo, lo fece a somiglianza di Dio; [2] maschio e femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di uomo nel giorno in cui furono creati. [3] Adamo aveva centotrenta anni quando generò un figlio a sua immagine, secondo la sua somiglianza, e lo chiamò Set. [4] Dopo aver generato Set, Adamo visse ancora ottocento anni e generò figli e figlie. [5] L’intera vita di Adamo fu di novecentotrenta anni; poi morì.
[6] Set aveva centocinque anni quando generò Enos; [7] dopo aver generato Enos, Set visse ancora ottocentosette anni e generò figli e figlie. [8] L’intera vita di Set fu di novecentododici anni; poi morì.
[9] Enos aveva novanta anni quando generò Kenan; [10] Enos, dopo aver generato Kenan, visse ancora ottocentoquindici anni e generò figli e figlie. [11] L’intera vita di Enos fu di novecentocinque anni; poi morì.
[12] Kenan aveva settanta anni quando generò Maalalèl; [13] Kenan, dopo aver generato Maalalèl, visse ancora ottocentoquaranta anni e generò figli e figlie. [14] L’intera vita di Kenan fu di novecentodieci anni; poi morì.
[15] Maalalèl aveva sessantacinque anni quando generò Iered; [16] Maalalèl, dopo aver generato Iered, visse ancora ottocentotrenta anni e generò figli e figlie. [17] L’intera vita di Maalalèl fu di ottocentonovantacinque anni; poi morì.
[18] Iered aveva centosessantadue anni quando generò Enoc; [19] Iered, dopo aver generato Enoc, visse ancora ottocento anni e generò figli e figlie. [20] L’intera vita di Iered fu di novecentosessantadue anni; poi morì.
[21] Enoc aveva sessantacinque anni quando generò Matusalemme. [22] Enoc camminò con Dio; dopo aver generato Matusalemme, visse ancora per trecento anni e generò figli e figlie. [23] L’intera vita di Enoc fu di trecentosessantacinque anni. [24] Enoc camminò con Dio, poi scomparve perché Dio l’aveva preso.
[25] Matusalemme aveva centoottantasette anni quando generò Lamec; [26] Matusalemme, dopo aver generato Lamec, visse ancora settecentoottantadue anni e generò figli e figlie. [27] L’intera vita di Matusalemme fu di novecentosessantanove anni; poi morì.
[28] Lamec aveva centoottantadue anni quando generò un figlio [29] e lo chiamò Noè, dicendo: «Costui ci consolerà del nostro lavoro e della fatica delle nostre mani, a causa del suolo che il Signore ha maledetto».[30] Lamec, dopo aver generato Noè, visse ancora cinquecentonovantacinque anni e generò figli e figlie.[31] L’intera vita di Lamec fu di settecentosettantasette anni; poi morì.
[32] Noè aveva cinquecento anni quando generò Sem, Cam e Iafet.

Storia di Noè

Capitolo 6

[1] Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro delle figlie, [2] i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli a loro scelta. [3] Allora il Signore disse: «Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni». [4]C’erano sulla terra i giganti a quei tempi – e anche dopo –, quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi.
[5] Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre. [6] E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. [7] Il Signore disse: «Cancellerò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato e, con l’uomo, anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito di averli fatti». [8] Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore.
[9] Questa è la discendenza di Noè. Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio. [10] Noè generò tre figli: Sem, Cam e Iafet. [11] Ma la terra era corrotta davanti a Dio e piena di violenza. [12] Dio guardò la terra ed ecco, essa era corrotta, perché ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra.
[13] Allora Dio disse a Noè: «È venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra. [14] Fatti un’arca di legno di cipresso; dividerai l’arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori. [15] Ecco come devi farla: l’arca avrà trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza. [16] Farai nell’arca un tetto e, a un cubito più sopra, la terminerai; da un lato metterai la porta dell’arca. La farai a piani: inferiore, medio e superiore.
[17] Ecco, io sto per mandare il diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne in cui c’è soffio di vita; quanto è sulla terra perirà. [18] Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai nell’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli. [19] Di quanto vive, di ogni carne, introdurrai nell’arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te: siano maschio e femmina. [20] Degli uccelli, secondo la loro specie, del bestiame, secondo la propria specie, e di tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie, due di ognuna verranno con te, per essere conservati in vita. [21] Quanto a te, prenditi ogni sorta di cibo da mangiare e fanne provvista: sarà di nutrimento per te e per loro».
[22] Noè eseguì ogni cosa come Dio gli aveva comandato: così fece.

Capitolo 7

Il diluvio – [1] Il Signore disse a Noè: «Entra nell’arca tu con tutta la tua famiglia, perché ti ho visto giusto dinanzi a me in questa generazione. [2] Di ogni animale puro prendine con te sette paia, il maschio e la sua femmina; degli animali che non sono puri un paio, il maschio e la sua femmina. [3] Anche degli uccelli del cielo, sette paia, maschio e femmina, per conservarne in vita la razza su tutta la terra. [4] Perché tra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; cancellerò dalla terra ogni essere che ho fatto». [5] Noè fece quanto il Signore gli aveva comandato.
[6] Noè aveva seicento anni quando venne il diluvio, cioè le acque sulla terra. [7] Noè entrò nell’arca e con lui i suoi figli, sua moglie e le mogli dei suoi figli, per sottrarsi alle acque del diluvio. [8] Degli animali puri e di quelli impuri, degli uccelli e di tutti gli esseri che strisciano sul suolo [9] un maschio e una femmina entrarono, a due a due, nell’arca, come Dio aveva comandato a Noè.
[10] Dopo sette giorni, le acque del diluvio furono sopra la terra; [11] nell’anno seicentesimo della vita di Noè, nel secondo mese, il diciassette del mese, in quello stesso giorno, eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono. [12] Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti. [13] In quello stesso giorno entrarono nell’arca Noè, con i figli Sem, Cam e Iafet, la moglie di Noè, le tre mogli dei suoi tre figli; [14] essi e tutti i viventi, secondo la loro specie, e tutto il bestiame, secondo la propria specie, e tutti i rettili che strisciano sulla terra, secondo la loro specie, tutti i volatili, secondo la loro specie, tutti gli uccelli, tutti gli esseri alati. [15] Vennero dunque a Noè nell’arca, a due a due, di ogni carne in cui c’è il soffio di vita. [16] Quelli che venivano, maschio e femmina d’ogni carne, entrarono come gli aveva comandato Dio. Il Signore chiuse la porta dietro di lui.
[17] Il diluvio durò sulla terra quaranta giorni: le acque crebbero e sollevarono l’arca, che s’innalzò sulla terra. [18] Le acque furono travolgenti e crebbero molto sopra la terra e l’arca galleggiava sulle acque. [19]Le acque furono sempre più travolgenti sopra la terra e coprirono tutti i monti più alti che sono sotto tutto il cielo. [20] Le acque superarono in altezza di quindici cubiti i monti che avevano ricoperto.
[21] Perì ogni essere vivente che si muove sulla terra, uccelli, bestiame e fiere e tutti gli esseri che brulicano sulla terra e tutti gli uomini. [22] Ogni essere che ha un alito di vita nelle narici, cioè quanto era sulla terra asciutta, morì. [23] Così fu cancellato ogni essere che era sulla terra: dagli uomini agli animali domestici, ai rettili e agli uccelli del cielo; essi furono cancellati dalla terra e rimase solo Noè e chi stava con lui nell’arca. [24] Le acque furono travolgenti sopra la terra centocinquanta giorni.

Capitolo 8

Fine del diluvio – [1] Dio si ricordò di Noè, di tutte le fiere e di tutti gli animali domestici che erano con lui nell’arca. Dio fece passare un vento sulla terra e le acque si abbassarono. [2] Le fonti dell’abisso e le cateratte del cielo furono chiuse e fu trattenuta la pioggia dal cielo; [3] le acque andarono via via ritirandosi dalla terra e calarono dopo centocinquanta giorni. [4] Nel settimo mese, il diciassette del mese, l’arca si posò sui monti dell’Araràt. [5] Le acque andarono via via diminuendo fino al decimo mese. Nel decimo mese, il primo giorno del mese, apparvero le cime dei monti.
[6] Trascorsi quaranta giorni, Noè aprì la finestra che aveva fatto nell’arca [7] e fece uscire un corvo. Esso uscì andando e tornando, finché si prosciugarono le acque sulla terra. [8] Noè poi fece uscire una colomba, per vedere se le acque si fossero ritirate dal suolo; [9] ma la colomba, non trovando dove posare la pianta del piede, tornò a lui nell’arca, perché c’era ancora l’acqua su tutta la terra. Egli stese la mano, la prese e la fece rientrare presso di sé nell’arca. [10] Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall’arca[11] e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco una tenera foglia di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. [12] Aspettò altri sette giorni, poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da lui.
[13] L’anno seicentouno della vita di Noè, il primo mese, il primo giorno del mese, le acque si erano prosciugate sulla terra; Noè tolse la copertura dell’arca ed ecco, la superficie del suolo era asciutta. [14] Nel secondo mese, il ventisette del mese, tutta la terra si era prosciugata.
Noè, uscito dall’arca, offre un sacrificio a Dio – [15] Dio ordinò a Noè: [16] «Esci dall’arca tu e tua moglie, i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli con te. [17] Tutti gli animali d’ogni carne che hai con te, uccelli, bestiame e tutti i rettili che strisciano sulla terra, falli uscire con te, perché possano diffondersi sulla terra, siano fecondi e si moltiplichino su di essa».
[18] Noè uscì con i figli, la moglie e le mogli dei figli. [19] Tutti i viventi e tutto il bestiame e tutti gli uccelli e tutti i rettili che strisciano sulla terra, secondo le loro specie, uscirono dall’arca.
[20] Allora Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali puri e di uccelli puri e offrì olocausti sull’altare. [21] Il Signore ne odorò il profumo gradito e disse in cuor suo: «Non maledirò più il suolo a causa dell’uomo, perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto.
[22] Finché durerà la terra,
seme e mèsse,
freddo e caldo,
estate e inverno,
giorno e notte
non cesseranno».

Capitolo 9

L’umanità rinnovata in Noè e i suoi figli – [1] Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. [2] Il timore e il terrore di voi sia in tutti gli animali della terra e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono dati in vostro potere. [3]Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe. [4] Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue. [5] Del sangue vostro, ossia della vostra vita, io domanderò conto; ne domanderò conto a ogni essere vivente e domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello.
[6] Chi sparge il sangue dell’uomo,
dall’uomo il suo sangue sarà sparso,
perché a immagine di Dio
è stato fatto l’uomo.
[7] E voi, siate fecondi e moltiplicatevi,
siate numerosi sulla terra e dominatela».
Il patto di alleanza, simboleggiata dall’arcobaleno – [8] Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: [9]«Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, [10] con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. [11] Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra».
[12] Dio disse:
«Questo è il segno dell’alleanza,
che io pongo tra me e voi
e ogni essere vivente che è con voi,
per tutte le generazioni future.
[13] Pongo il mio arco sulle nubi,
perché sia il segno dell’alleanza
tra me e la terra.
[14] Quando ammasserò le nubi sulla terra
e apparirà l’arco sulle nubi,
[15] ricorderò la mia alleanza
che è tra me e voi
e ogni essere che vive in ogni carne,
e non ci saranno più le acque per il diluvio,
per distruggere ogni carne.
[16] L’arco sarà sulle nubi,
e io lo guarderò per ricordare l’alleanza eterna
tra Dio e ogni essere
che vive in ogni carne che è sulla terra».
[17] Disse Dio a Noè: «Questo è il segno dell’alleanza che io ho stabilito tra me e ogni carne che è sulla terra».
Maledizione di Cam, benedizione di Sem e di Jafet – [18] I figli di Noè che uscirono dall’arca furono Sem, Cam e Iafet; Cam è il padre di Canaan. [19] Questi tre sono i figli di Noè e da questi fu popolata tutta la terra.
[20] Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna. [21] Avendo bevuto il vino, si ubriacò e si denudò all’interno della sua tenda. [22] Cam, padre di Canaan, vide la nudità di suo padre e raccontò la cosa ai due fratelli che stavano fuori. [23] Allora Sem e Iafet presero il mantello, se lo misero tutti e due sulle spalle e, camminando a ritroso, coprirono la nudità del loro padre; avendo tenuto la faccia rivolta indietro, non videro la nudità del loro padre.
[24] Quando Noè si fu risvegliato dall’ebbrezza, seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore; [25] allora disse:
«Sia maledetto Canaan!
Schiavo degli schiavi
sarà per i suoi fratelli!».
[26] E aggiunse:
«Benedetto il Signore, Dio di Sem,
Canaan sia suo schiavo!
[27] Dio dilati Iafet
ed egli dimori nelle tende di Sem,
Canaan sia suo schiavo!».
[28] Noè visse, dopo il diluvio, trecentocinquanta anni. [29] L’intera vita di Noè fu di novecentocinquanta anni; poi morì.

Capitolo 10

Discendenti dei tre figli di Noè – [1] Questa è la discendenza dei figli di Noè: Sem, Cam e Iafet, ai quali nacquero figli dopo il diluvio.
[2] I figli di Iafet: Gomer, Magòg, Madai, Iavan, Tubal, Mesec e Tiras. [3] I figli di Gomer: Aschenàz, Rifat e Togarmà. [4] I figli di Iavan: Elisa, Tarsis, i Chittìm e i Dodanìm. [5] Da costoro derivarono le genti disperse per le isole, nei loro territori, ciascuna secondo la propria lingua e secondo le loro famiglie, nelle rispettive nazioni. 
Discendenti di Cam – [6] I figli di Cam: Etiopia, Egitto, Put e Canaan. [7] I figli di Etiopia: Seba, Avìla, Sabta, Raamà e Sabtecà. I figli di Raamà: Saba e Dedan. [8] Etiopia generò Nimrod: costui cominciò a essere potente sulla terra. [9] Egli era valente nella caccia davanti al Signore, perciò si dice: «Come Nimrod, valente cacciatore davanti al Signore». [10] L’inizio del suo regno fu Babele, Uruc, Accad e Calne, nella regione di Sinar. [11] Da quella terra si portò ad Assur e costruì Ninive, Recobòt-Ir e Calach, [12] e Resen tra Ninive e Calach; quella è la grande città. [13] Egitto generò quelli di Lud, Anam, Laab, Naftuch,[14] Patros, Casluch e Caftor, da dove uscirono i Filistei. [15] Canaan generò Sidone, suo primogenito, e Chet [16] e il Gebuseo, l’Amorreo, il Gergeseo, [17] l’Eveo, l’Archeo e il Sineo, [18] l’Arvadeo, il Semareo e il Camateo. In seguito si dispersero le famiglie dei Cananei. [19] Il confine dei Cananei andava da Sidone in direzione di Gerar fino a Gaza, poi in direzione di Sòdoma, Gomorra, Adma e Seboìm fino a Lesa. [20]Questi furono i figli di Cam secondo le loro famiglie e le loro lingue, nei loro territori e nelle rispettive nazioni. 
Discendenti di Sem – [21] Anche a Sem, fratello maggiore di Iafet e capostipite di tutti i figli di Eber, nacque una discendenza. [22] I figli di Sem: Elam, Assur, Arpacsàd, Lud e Aram. [23] I figli di Aram: Us, Ul, Gheter e Mas. [24] Arpacsàd generò Selach e Selach generò Eber. [25] A Eber nacquero due figli: uno si chiamò Peleg, perché ai suoi tempi fu divisa la terra, e il fratello si chiamò Ioktan. [26] Ioktan generò Almodàd, Selef, Asarmàvet, Ierach, [27] Adoràm, Uzal, Dikla, [28] Obal, Abimaèl, Saba, [29] Ofir, Avìla e Iobab. Tutti questi furono i figli di Ioktan; [30] la loro sede era sulle montagne dell’oriente, da Mesa in direzione di Sefar. [31] Questi furono i figli di Sem secondo le loro famiglie e le loro lingue, nei loro territori, secondo le rispettive nazioni.
[32] Queste furono le famiglie dei figli di Noè secondo le loro genealogie, nelle rispettive nazioni. Da costoro si dispersero le nazioni sulla terra dopo il diluvio.

Seconda parte – Storia del popolo eletto da Abramo alla morte di Giuseppe


Storia di Abramo

Capitolo 11

Torre di Babele. Dispersione dei popoli – [1] Tutta la terra aveva un’unica lingua e uniche parole. [2]Emigrando dall’oriente, gli uomini capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono. [3]Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. [4] Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». [5] Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. [6] Il Signore disse: «Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; questo è l’inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. [7] Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro». [8] Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. [9] Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.
Genealogia di Abramo – [10] Questa è la discendenza di Sem: Sem aveva cento anni quando generò Arpacsàd, due anni dopo il diluvio; [11] Sem, dopo aver generato Arpacsàd, visse cinquecento anni e generò figli e figlie.
[12] Arpacsàd aveva trentacinque anni quando generò Selach; [13] Arpacsàd, dopo aver generato Selach, visse quattrocentotré anni e generò figli e figlie.
[14] Selach aveva trent’anni quando generò Eber; [15] Selach, dopo aver generato Eber, visse quattrocentotré anni e generò figli e figlie.
[16] Eber aveva trentaquattro anni quando generò Peleg; [17] Eber, dopo aver generato Peleg, visse quattrocentotrenta anni e generò figli e figlie.
[18] Peleg aveva trent’anni quando generò Reu; [19] Peleg, dopo aver generato Reu, visse duecentonove anni e generò figli e figlie.
[20] Reu aveva trentadue anni quando generò Serug; [21] Reu, dopo aver generato Serug, visse duecentosette anni e generò figli e figlie.
[22] Serug aveva trent’anni quando generò Nacor; [23] Serug, dopo aver generato Nacor, visse duecento anni e generò figli e figlie.
[24] Nacor aveva ventinove anni quando generò Terach; [25] Nacor, dopo aver generato Terach, visse centodiciannove anni e generò figli e figlie.
[26] Terach aveva settant’anni quando generò Abram, Nacor e Aran.
La famiglia di Tare – [27] Questa è la discendenza di Terach: Terach generò Abram, Nacor e Aran; Aran generò Lot. [28] Aran poi morì alla presenza di suo padre Terach nella sua terra natale, in Ur dei Caldei.[29] Abram e Nacor presero moglie; la moglie di Abram si chiamava Sarài e la moglie di Nacor Milca, che era figlia di Aran, padre di Milca e padre di Isca. [30] Sarài era sterile e non aveva figli.
[31] Poi Terach prese Abram, suo figlio, e Lot, figlio di Aran, figlio cioè di suo figlio, e Sarài sua nuora, moglie di Abram suo figlio, e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nella terra di Canaan. Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono.
[32] La vita di Terach fu di duecentocinque anni; Terach morì a Carran.

Capitolo 12

Vocazione di Abramo – [1] Il Signore disse ad Abram:
«Vattene dalla tua terra,
dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre,
verso la terra che io ti indicherò.
[2] Farò di te una grande nazione
e ti benedirò,
renderò grande il tuo nome
e possa tu essere una benedizione.
[3] Benedirò coloro che ti benediranno
e coloro che ti malediranno maledirò,
e in te si diranno benedette
tutte le famiglie della terra».
[4] Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. [5] Abram prese la moglie Sarài e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si incamminarono verso la terra di Canaan. Arrivarono nella terra di Canaan [6] e Abram la attraversò fino alla località di Sichem, presso la Quercia di Morè. Nella terra si trovavano allora i Cananei.
[7] Il Signore apparve ad Abram e gli disse: «Alla tua discendenza io darò questa terra». Allora Abram costruì in quel luogo un altare al Signore che gli era apparso. [8] Di là passò sulle montagne a oriente di Betel e piantò la tenda, avendo Betel ad occidente e Ai ad oriente. Lì costruì un altare al Signore e invocò il nome del Signore. [9] Poi Abram levò la tenda per andare ad accamparsi nel Negheb. 
Abramo in Egitto – [10] Venne una carestia nella terra e Abram scese in Egitto per soggiornarvi, perché la carestia gravava su quella terra. [11] Quando fu sul punto di entrare in Egitto, disse alla moglie Sarài: «Vedi, io so che tu sei donna di aspetto avvenente. [12] Quando gli Egiziani ti vedranno, penseranno: “Costei è sua moglie”, e mi uccideranno, mentre lasceranno te in vita. [13] Di’, dunque, che tu sei mia sorella, perché io sia trattato bene per causa tua e io viva grazie a te».
[14] Quando Abram arrivò in Egitto, gli Egiziani videro che la donna era molto avvenente. [15] La osservarono gli ufficiali del faraone e ne fecero le lodi al faraone; così la donna fu presa e condotta nella casa del faraone. [16] A causa di lei, egli trattò bene Abram, che ricevette greggi e armenti e asini, schiavi e schiave, asine e cammelli. [17] Ma il Signore colpì il faraone e la sua casa con grandi calamità, per il fatto di Sarài, moglie di Abram. [18] Allora il faraone convocò Abram e gli disse: «Che mi hai fatto? Perché non mi hai dichiarato che era tua moglie? [19] Perché hai detto: “È mia sorella”, così che io me la sono presa in moglie? E ora eccoti tua moglie: prendila e vattene!». [20] Poi il faraone diede disposizioni su di lui ad alcuni uomini, che lo allontanarono insieme con la moglie e tutti i suoi averi.

Capitolo 13

Abramo torna in Palestina – [1] Dall’Egitto Abram risalì nel Negheb, con la moglie e tutti i suoi averi; Lot era con lui. [2] Abram era molto ricco in bestiame, argento e oro. [3] Abram si spostò a tappe dal Negheb fino a Betel, fino al luogo dov’era già prima la sua tenda, tra Betel e Ai, [4] il luogo dove prima aveva costruito l’altare: lì Abram invocò il nome del Signore.
Abramo si separa da Lot – [5] Ma anche Lot, che accompagnava Abram, aveva greggi e armenti e tende, [6] e il territorio non consentiva che abitassero insieme, perché avevano beni troppo grandi e non potevano abitare insieme. [7] Per questo sorse una lite tra i mandriani di Abram e i mandriani di Lot. I Cananei e i Perizziti abitavano allora nella terra. [8] Abram disse a Lot: «Non vi sia discordia tra me e te, tra i miei mandriani e i tuoi, perché noi siamo fratelli. [9] Non sta forse davanti a te tutto il territorio? Sepàrati da me. Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; se tu vai a destra, io andrò a sinistra».
[10] Allora Lot alzò gli occhi e vide che tutta la valle del Giordano era un luogo irrigato da ogni parte – prima che il Signore distruggesse Sòdoma e Gomorra – come il giardino del Signore, come la terra d’Egitto fino a Soar. [11] Lot scelse per sé tutta la valle del Giordano e trasportò le tende verso oriente. Così si separarono l’uno dall’altro: [12] Abram si stabilì nella terra di Canaan e Lot si stabilì nelle città della valle e piantò le tende vicino a Sòdoma. [13] Ora gli uomini di Sòdoma erano malvagi e peccavano molto contro il Signore. 
Le promesse di Dio ad Abramo – [14] Allora il Signore disse ad Abram, dopo che Lot si era separato da lui: «Alza gli occhi e, dal luogo dove tu stai, spingi lo sguardo verso il settentrione e il mezzogiorno, verso l’oriente e l’occidente. [15] Tutta la terra che tu vedi, io la darò a te e alla tua discendenza per sempre. [16]Renderò la tua discendenza come la polvere della terra: se uno può contare la polvere della terra, potrà contare anche i tuoi discendenti. [17] Àlzati, percorri la terra in lungo e in largo, perché io la darò a te».[18] Poi Abram si spostò con le sue tende e andò a stabilirsi alle Querce di Mamre, che sono ad Ebron, e vi costruì un altare al Signore.

Capitolo 14

Invasione dei re d’oriente – [1] Al tempo di Amrafèl re di Sinar, di Ariòc re di Ellasàr, di Chedorlaòmer re dell’Elam e di Tidal re di Goìm, [2] costoro mossero guerra contro Bera re di Sòdoma, Birsa re di Gomorra, Sinab re di Adma, Semeber re di Seboìm, e contro il re di Bela, cioè Soar. [3] Tutti questi si concentrarono nella valle di Siddìm, cioè del Mar Morto. [4] Per dodici anni essi erano stati sottomessi a Chedorlaòmer, ma il tredicesimo anno si erano ribellati. [5] Nell’anno quattordicesimo arrivarono Chedorlaòmer e i re che erano con lui e sconfissero i Refaìm ad Astarot-Karnàim, gli Zuzìm ad Am, gli Emìm a Save-Kiriatàim [6] e gli Urriti sulle montagne di Seir fino a El-Paran, che è presso il deserto. [7]Poi mutarono direzione e vennero a En-Mispàt, cioè Kades, e devastarono tutto il territorio degli Amaleciti e anche degli Amorrei che abitavano a Casesòn-Tamar. [8] Allora il re di Sòdoma, il re di Gomorra, il re di Adma, il re di Seboìm e il re di Bela, cioè Soar, uscirono e si schierarono a battaglia nella valle di Siddìm, contro di essi, [9] cioè contro Chedorlaòmer re dell’Elam, Tidal re di Goìm, Amrafèl re di Sinar e Ariòc re di Ellasàr: quattro re contro cinque. [10] La valle di Siddìm era piena di pozzi di bitume; messi in fuga, il re di Sòdoma e il re di Gomorra vi caddero dentro, mentre gli altri fuggirono sulla montagna. [11] Gli invasori presero tutti i beni di Sòdoma e Gomorra e tutti i loro viveri e se ne andarono. [12] Prima di andarsene catturarono anche Lot, figlio del fratello di Abram, e i suoi beni: egli risiedeva appunto a Sòdoma. 
Abramo insegue e vince i re d’oriente – [13] Ma un fuggiasco venne ad avvertire Abram l’Ebreo, che si trovava alle Querce di Mamre l’Amorreo, fratello di Escol e fratello di Aner, i quali erano alleati di Abram. 
[14] Quando Abram seppe che suo fratello era stato preso prigioniero, organizzò i suoi uomini esperti nelle armi, schiavi nati nella sua casa, in numero di trecentodiciotto, e si diede all’inseguimento fino a Dan.[15] Fece delle squadre, lui e i suoi servi, contro di loro, li sconfisse di notte e li inseguì fino a Coba, a settentrione di Damasco. [16] Recuperò così tutti i beni e anche Lot suo fratello, i suoi beni, con le donne e il popolo.
[17] Quando Abram fu di ritorno, dopo la sconfitta di Chedorlaòmer e dei re che erano con lui, il re di Sòdoma gli uscì incontro nella valle di Save, cioè la valle del Re. 
Melchisedek benedice Abramo – [18] Intanto Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo [19] e benedisse Abram con queste parole:
«Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
[20] e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici». Ed egli diede a lui la decima di tutto.
[21] Il re di Sòdoma disse ad Abram: «Dammi le persone; i beni prendili per te». [22] Ma Abram disse al re di Sòdoma: «Alzo la mano davanti al Signore, il Dio altissimo, creatore del cielo e della terra: [23] né un filo né un legaccio di sandalo, niente io prenderò di ciò che è tuo; non potrai dire: io ho arricchito Abram.[24] Per me niente, se non quello che i servi hanno mangiato; quanto a ciò che spetta agli uomini che sono venuti con me, Aner, Escol e Mamre, essi stessi si prendano la loro parte».

Capitolo 15

Dio promette un figlio ad Abramo e fa alleanza con lui – [1] Dopo tali fatti, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». [2] Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». [3] Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». [4] Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». [5] Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle»; e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». [6] Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
[7] E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». [8] Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». [9] Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo». [10] Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. [11] Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò.
[12] Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. [13] Allora il Signore disse ad Abram: «Sappi che i tuoi discendenti saranno forestieri in una terra non loro; saranno fatti schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. [14] Ma la nazione che essi avranno servito, la giudicherò io: dopo, essi usciranno con grandi ricchezze. [15] Quanto a te, andrai in pace presso i tuoi padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice. [16] Alla quarta generazione torneranno qui, perché l’iniquità degli Amorrei non ha ancora raggiunto il colmo».
[17] Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. [18] In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram:
«Alla tua discendenza
io do questa terra,
dal fiume d’Egitto
al grande fiume, il fiume Eufrate;
[19] la terra dove abitano i Keniti, i Kenizziti, i Kadmoniti, [20] gli Ittiti, i Perizziti, i Refaìm, [21] gli Amorrei, i Cananei, i Gergesei e i Gebusei».

Capitolo 16

Agar e Ismaele – [1] Sarài, moglie di Abram, non gli aveva dato figli. Avendo però una schiava egiziana chiamata Agar, [2] Sarài disse ad Abram: «Ecco, il Signore mi ha impedito di aver prole; unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò avere figli». Abram ascoltò l’invito di Sarài. [3] Così, al termine di dieci anni da quando Abram abitava nella terra di Canaan, Sarài, moglie di Abram, prese Agar l’Egiziana, sua schiava, e la diede in moglie ad Abram, suo marito. [4] Egli si unì ad Agar, che restò incinta. Ma, quando essa si accorse di essere incinta, la sua padrona non contò più nulla per lei.
[5] Allora Sarài disse ad Abram: «L’offesa a me fatta ricada su di te! Io ti ho messo in grembo la mia schiava, ma da quando si è accorta d’essere incinta, io non conto più niente per lei. Il Signore sia giudice tra me e te!». [6] Abram disse a Sarài: «Ecco, la tua schiava è in mano tua: trattala come ti piace». Sarài allora la maltrattò, tanto che quella fuggì dalla sua presenza. [7] La trovò l’angelo del Signore presso una sorgente d’acqua nel deserto, la sorgente sulla strada di Sur, [8] e le disse: «Agar, schiava di Sarài, da dove vieni e dove vai?». Rispose: «Fuggo dalla presenza della mia padrona Sarài». [9] Le disse l’angelo del Signore: «Ritorna dalla tua padrona e restale sottomessa». [10] Le disse ancora l’angelo del Signore: «Moltiplicherò la tua discendenza e non si potrà contarla, tanto sarà numerosa». [11] Soggiunse poi l’angelo del Signore:
«Ecco, sei incinta:
partorirai un figlio
e lo chiamerai Ismaele,
perché il Signore ha udito il tuo lamento.
[12] Egli sarà come un asino selvatico;
la sua mano sarà contro tutti
e la mano di tutti contro di lui,
e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli».
[13] Agar, al Signore che le aveva parlato, diede questo nome: «Tu sei il Dio della visione», perché diceva: «Non ho forse visto qui colui che mi vede?». [14] Per questo il pozzo si chiamò pozzo di Lacai-Roì; è appunto quello che si trova tra Kades e Bered. [15] Agar partorì ad Abram un figlio e Abram chiamò Ismaele il figlio che Agar gli aveva partorito. [16] Abram aveva ottantasei anni quando Agar gli partorì Ismaele.

Capitolo 17

Patto fra Dio e Abramo – [1] Quando Abram ebbe novantanove anni, il Signore gli apparve e gli disse:
«Io sono Dio l’Onnipotente:
cammina davanti a me
e sii integro.
[2] Porrò la mia alleanza tra me e te
e ti renderò molto, molto numeroso».
[3] Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui:
[4] «Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te:
diventerai padre di una moltitudine di nazioni.
[5] Non ti chiamerai più Abram,
ma ti chiamerai Abramo,
perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò.
[6] E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. [7] Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. [8] La terra dove sei forestiero, tutta la terra di Canaan, la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio». 
La ciconcisione – [9] Disse Dio ad Abramo: «Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione. [10] Questa è la mia alleanza che dovete osservare, alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sia circonciso tra voi ogni maschio. [11] Vi lascerete circoncidere la carne del vostro prepuzio e ciò sarà il segno dell’alleanza tra me e voi. [12] Quando avrà otto giorni, sarà circonciso tra voi ogni maschio di generazione in generazione, sia quello nato in casa sia quello comprato con denaro da qualunque straniero che non sia della tua stirpe. [13] Deve essere circonciso chi è nato in casa e chi viene comprato con denaro; così la mia alleanza sussisterà nella vostra carne come alleanza perenne. [14] Il maschio non circonciso, di cui cioè non sarà stata circoncisa la carne del prepuzio, sia eliminato dal suo popolo: ha violato la mia alleanza». 
Dio cambia nome a Sarai e le promette un figlio- [15] Dio aggiunse ad Abramo: «Quanto a Sarài tua moglie, non la chiamerai più Sarài, ma Sara. [16] Io la benedirò e anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni, e re di popoli nasceranno da lei». [17] Allora Abramo si prostrò con la faccia a terra e rise e pensò: «A uno di cento anni può nascere un figlio? E Sara all’età di novant’anni potrà partorire?». [18] Abramo disse a Dio: «Se almeno Ismaele potesse vivere davanti a te!». [19] E Dio disse: «No, Sara, tua moglie, ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco. Io stabilirò la mia alleanza con lui come alleanza perenne, per essere il Dio suo e della sua discendenza dopo di lui. [20] Anche riguardo a Ismaele io ti ho esaudito: ecco, io lo benedico e lo renderò fecondo e molto, molto numeroso: dodici prìncipi egli genererà e di lui farò una grande nazione. [21] Ma stabilirò la mia alleanza con Isacco, che Sara ti partorirà a questa data l’anno venturo». [22] Dio terminò così di parlare con lui e lasciò Abramo, levandosi in alto. 
Abramo circoncide sè e la sua famiglia – [23] Allora Abramo prese Ismaele, suo figlio, e tutti i nati nella sua casa e tutti quelli comprati con il suo denaro, tutti i maschi appartenenti al personale della casa di Abramo, e circoncise la carne del loro prepuzio in quello stesso giorno, come Dio gli aveva detto. [24]Abramo aveva novantanove anni, quando si fece circoncidere la carne del prepuzio. [25] Ismaele, suo figlio, aveva tredici anni quando gli fu circoncisa la carne del prepuzio. [26] In quello stesso giorno furono circoncisi Abramo e Ismaele, suo figlio. [27] E tutti gli uomini della sua casa, quelli nati in casa e quelli comprati con denaro dagli stranieri, furono circoncisi con lui.

Capitolo 18

Dio, accompagnato da due Angeli, appare ad Abramo – [1] Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. [2] Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, [3] dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. [4] Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. [5] Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto».
[6] Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». [7] All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. [8] Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.
[9] Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». [10] Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio». Intanto Sara stava ad ascoltare all’ingresso della tenda, dietro di lui. [11] Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. [12] Allora Sara rise dentro di sé e disse: «Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!». [13] Ma il Signore disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: “Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia”? [14] C’è forse qualche cosa d’impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te tra un anno e Sara avrà un figlio». [15] Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva paura; ma egli disse: «Sì, hai proprio riso».
Dio predice la distruzione di Sodoma – [16] Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall’alto, mentre Abramo li accompagnava per congedarli. [17] Il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, [18] mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? [19] Infatti io l’ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso». [20] Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. [21] Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».
Intercessione di Abramo: quanto può il giusto – [22] Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore. [23] Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? [24] Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? [25]Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». [26] Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo». [27]Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: [28] forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque». [29] Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». [30] Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». [31] Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». [32] Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci».
[33] Come ebbe finito di parlare con Abramo, il Signore se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione.

Capitolo 19

Corruzione dei Sodomiti – [1] I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. [2] E disse: «Miei signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete i piedi e poi, domattina, per tempo, ve ne andrete per la vostra strada». Quelli risposero: «No, passeremo la notte sulla piazza». [3] Ma egli insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò per loro un banchetto, fece cuocere pani azzimi e così mangiarono.
[4] Non si erano ancora coricati, quand’ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono attorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. [5] Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!». [6] Lot uscì verso di loro sulla soglia e, dopo aver chiuso la porta dietro di sé, [7] disse: «No, fratelli miei, non fate del male! [8] Sentite, io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace, purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati all’ombra del mio tetto». [9] Ma quelli risposero: «Tìrati via! Quest’individuo è venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a loro!». E spingendosi violentemente contro quell’uomo, cioè contro Lot, si fecero avanti per sfondare la porta. [10] Allora dall’interno quegli uomini sporsero le mani, si trassero in casa Lot e chiusero la porta; [11] colpirono di cecità gli uomini che erano all’ingresso della casa, dal più piccolo al più grande, così che non riuscirono a trovare la porta.
Lot avvisato del castigo – [12] Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. [13] Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandato a distruggerli». [14] Lot uscì a parlare ai suoi generi, che dovevano sposare le sue figlie, e disse: «Alzatevi, uscite da questo luogo, perché il Signore sta per distruggere la città!». Ai suoi generi sembrò che egli volesse scherzare.
Distruzione di Sodoma e liberazione di Lot – [15] Quando apparve l’alba, gli angeli fecero premura a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie e le tue due figlie che hai qui, per non essere travolto nel castigo della città». [16] Lot indugiava, ma quegli uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due figlie, per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; lo fecero uscire e lo condussero fuori della città. [17]Dopo averli condotti fuori, uno di loro disse: «Fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne, per non essere travolto!». [18] Ma Lot gli disse: «No, mio signore![19] Vedi, il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato grande bontà verso di me salvandomi la vita, ma io non riuscirò a fuggire sul monte, senza che la sciagura mi raggiunga e io muoia. [20] Ecco quella città: è abbastanza vicina perché mi possa rifugiare là ed è piccola cosa! Lascia che io fugga lassù – non è una piccola cosa? – e così la mia vita sarà salva». [21] Gli rispose: «Ecco, ti ho favorito anche in questo, di non distruggere la città di cui hai parlato. [22] Presto, fuggi là, perché io non posso far nulla finché tu non vi sia arrivato». Perciò quella città si chiamò Soar.
[23] Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Soar, [24] quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal Signore. [25] Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. [26] Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale.
[27] Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato alla presenza del Signore; [28] contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace.
[29] Così, quando distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato.>
Origine dei Moabiti e degli Ammoniti – [30] Poi Lot partì da Soar e andò ad abitare sulla montagna con le sue due figlie, perché temeva di restare a Soar, e si stabilì in una caverna con le sue due figlie. [31]Ora la maggiore disse alla più piccola: «Nostro padre è vecchio e non c’è nessuno in questo territorio per unirsi a noi, come avviene dappertutto. [32] Vieni, facciamo bere del vino a nostro padre e poi corichiamoci con lui, così daremo vita a una discendenza da nostro padre». [33] Quella notte fecero bere del vino al loro padre e la maggiore andò a coricarsi con il padre; ma egli non se ne accorse, né quando lei si coricò né quando lei si alzò. [34] All’indomani la maggiore disse alla più piccola: «Ecco, ieri io mi sono coricata con nostro padre: facciamogli bere del vino anche questa notte e va’ tu a coricarti con lui; così daremo vita a una discendenza da nostro padre». [35] Anche quella notte fecero bere del vino al loro padre e la più piccola andò a coricarsi con lui; ma egli non se ne accorse, né quando lei si coricò né quando lei si alzò. [36] Così le due figlie di Lot rimasero incinte del loro padre. [37] La maggiore partorì un figlio e lo chiamò Moab. Costui è il padre dei Moabiti, che esistono ancora oggi. [38] Anche la più piccola partorì un figlio e lo chiamò «Figlio del mio popolo». Costui è il padre degli Ammoniti, che esistono ancora oggi.

Capitolo 20

Abramo e Sara a Gerar – [1] Abramo levò le tende, dirigendosi nella regione del Negheb, e si stabilì tra Kades e Sur; poi soggiornò come straniero a Gerar. [2] Siccome Abramo aveva detto della moglie Sara: «È mia sorella», Abimèlec, re di Gerar, mandò a prendere Sara. [3] Ma Dio venne da Abimèlec di notte, in sogno, e gli disse: «Ecco, stai per morire a causa della donna che tu hai preso; lei appartiene a suo marito».[4] Abimèlec, che non si era ancora accostato a lei, disse: «Mio Signore, vuoi far morire una nazione, anche se giusta? [5] Non è stato forse lui a dirmi: “È mia sorella”? E anche lei ha detto: “È mio fratello”. Con cuore retto e mani innocenti mi sono comportato in questo modo». [6] Gli rispose Dio nel sogno: «So bene che hai agito così con cuore retto e ti ho anche impedito di peccare contro di me: perciò non ho permesso che tu la toccassi. [7] Ora restituisci la donna di quest’uomo, perché è un profeta: pregherà per te e tu vivrai. Ma se tu non la restituisci, sappi che meriterai la morte con tutti i tuoi».
[8] Allora Abimèlec si alzò di mattina presto e chiamò tutti i suoi servi, ai quali riferì tutte queste cose, e quegli uomini si impaurirono molto. [9] Poi Abimèlec chiamò Abramo e gli disse: «Che cosa ci hai fatto? E che colpa ho commesso contro di te, perché tu abbia esposto me e il mio regno a un peccato tanto grande? Tu hai fatto a mio riguardo azioni che non si fanno». [10] Poi Abimèlec disse ad Abramo: «A che cosa miravi agendo in tal modo?». [11] Rispose Abramo: «Io mi sono detto: certo non vi sarà timor di Dio in questo luogo e mi uccideranno a causa di mia moglie. [12] Inoltre ella è veramente mia sorella, figlia di mio padre, ma non figlia di mia madre, ed è divenuta mia moglie. [13] Quando Dio mi ha fatto andare errando lungi dalla casa di mio padre, io le dissi: “Questo è il favore che tu mi farai: in ogni luogo dove noi arriveremo dirai di me: è mio fratello”».
[14] Allora Abimèlec prese greggi e armenti, schiavi e schiave, li diede ad Abramo e gli restituì la moglie Sara. [15] Inoltre Abimèlec disse: «Ecco davanti a te il mio territorio: va’ ad abitare dove ti piace!». [16] A Sara disse: «Ecco, ho dato mille pezzi d’argento a tuo fratello: sarà per te come un risarcimento di fronte a quanti sono con te. Così tu sei in tutto riabilitata». [17] Abramo pregò Dio e Dio guarì Abimèlec, sua moglie e le sue serve, sì che poterono ancora aver figli. [18] Il Signore, infatti, aveva reso sterili tutte le donne della casa di Abimèlec, per il fatto di Sara, moglie di Abramo.

Capitolo 21

Nascita di Isacco, figlio promesso – [1] Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. [2] Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. [3] Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito. [4] Abramo circoncise suo figlio Isacco quando questi ebbe otto giorni, come Dio gli aveva comandato. [5] Abramo aveva cento anni quando gli nacque il figlio Isacco. [6] Allora Sara disse: «Motivo di lieto riso mi ha dato Dio: chiunque lo saprà riderà lietamente di me!». [7] Poi disse: «Chi avrebbe mai detto ad Abramo che Sara avrebbe allattato figli? Eppure gli ho partorito un figlio nella sua vecchiaia!».
Abramo caccia Agar e Ismaele – [8] Il bambino crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchetto quando Isacco fu svezzato. [9] Ma Sara vide che il figlio di Agar l’Egiziana, quello che lei aveva partorito ad Abramo, scherzava con il figlio Isacco. [10] Disse allora ad Abramo: «Scaccia questa schiava e suo figlio, perché il figlio di questa schiava non deve essere erede con mio figlio Isacco». [11] La cosa sembrò un gran male agli occhi di Abramo a motivo di suo figlio. [12] Ma Dio disse ad Abramo: «Non sembri male ai tuoi occhi questo, riguardo al fanciullo e alla tua schiava: ascolta la voce di Sara in tutto quello che ti dice, perché attraverso Isacco da te prenderà nome una stirpe. [13] Ma io farò diventare una nazione anche il figlio della schiava, perché è tua discendenza».
[14] Abramo si alzò di buon mattino, prese il pane e un otre d’acqua e li diede ad Agar, caricandoli sulle sue spalle; le consegnò il fanciullo e la mandò via. Ella se ne andò e si smarrì per il deserto di Bersabea. [15]Tutta l’acqua dell’otre era venuta a mancare. Allora depose il fanciullo sotto un cespuglio [16] e andò a sedersi di fronte, alla distanza di un tiro d’arco, perché diceva: «Non voglio veder morire il fanciullo!». Sedutasi di fronte, alzò la voce e pianse. [17] Dio udì la voce del fanciullo e un angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: «Che hai, Agar? Non temere, perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova.[18] Àlzati, prendi il fanciullo e tienilo per mano, perché io ne farò una grande nazione». [19] Dio le aprì gli occhi ed ella vide un pozzo d’acqua. Allora andò a riempire l’otre e diede da bere al fanciullo. [20] E Dio fu con il fanciullo, che crebbe e abitò nel deserto e divenne un tiratore d’arco. [21] Egli abitò nel deserto di Paran e sua madre gli prese una moglie della terra d’Egitto.
Abramo fa alleanza con Abimelec – [22] In quel tempo Abimèlec con Picol, capo del suo esercito, disse ad Abramo: «Dio è con te in quello che fai. [23] Ebbene, giurami qui per Dio che tu non ingannerai né me né la mia prole né i miei discendenti: come io ho agito lealmente con te, così tu agirai con me e con la terra nella quale sei ospitato». [24] Rispose Abramo: «Io lo giuro». [25] Ma Abramo rimproverò Abimèlec a causa di un pozzo d’acqua, che i servi di Abimèlec avevano usurpato. [26] Abimèlec disse: «Io non so chi abbia fatto questa cosa: né tu me ne hai informato né io ne ho sentito parlare prima d’oggi».[27] Allora Abramo prese alcuni capi del gregge e dell’armento e li diede ad Abimèlec: tra loro due conclusero un’alleanza. [28] Poi Abramo mise in disparte sette agnelle del gregge. [29] Abimèlec disse ad Abramo: «Che significano quelle sette agnelle che hai messo in disparte?». [30] Rispose: «Tu accetterai queste sette agnelle dalla mia mano, perché ciò mi valga di testimonianza che ho scavato io questo pozzo».[31] Per questo quel luogo si chiamò Bersabea, perché là fecero giuramento tutti e due. [32] E dopo che ebbero concluso l’alleanza a Bersabea, Abimèlec si alzò con Picol, capo del suo esercito, e ritornarono nel territorio dei Filistei. [33] Abramo piantò un tamerisco a Bersabea, e lì invocò il nome del Signore, Dio dell’eternità. [34] E visse come forestiero nel territorio dei Filistei per molto tempo.

Capitolo 22

Dio prova Abramo – [1] Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». [2] Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».
[3] Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. [4] Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. [5] Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». [6] Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme. [7] Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». [8] Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutti e due insieme.
[9] Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. [10] Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. [11] Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». [12] L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».
Dio rinnova le sue promesse ad Abramo – [13] Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. [14] Abramo chiamò quel luogo «Il Signore vede»; perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere».
[15] L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta [16] e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, [17] io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. [18] Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce». [19]Abramo tornò dai suoi servi; insieme si misero in cammino verso Bersabea e Abramo abitò a Bersabea.
La famiglia di Rebecca – [20] Dopo queste cose, fu annunciato ad Abramo che anche Milca aveva partorito figli a Nacor, suo fratello: [21] Us, il primogenito, e suo fratello Buz e Kemuèl, il padre di Aram,[22] e Chesed, Azo, Pildas, Idlaf e Betuèl. [23] Betuèl generò Rebecca. Milca partorì questi otto figli a Nacor, fratello di Abramo. [24] Anche la sua concubina, chiamata Reumà, partorì figli: Tebach, Gacam, Tacas e Maacà.

Capitolo 23

Morte e sepoltura di Sara – [1] Gli anni della vita di Sara furono centoventisette: questi furono gli anni della vita di Sara. [2] Sara morì a Kiriat-Arbà, cioè Ebron, nella terra di Canaan, e Abramo venne a fare il lamento per Sara e a piangerla.
[3] Poi Abramo si staccò dalla salma e parlò agli Ittiti: [4] «Io sono forestiero e di passaggio in mezzo a voi. Datemi la proprietà di un sepolcro in mezzo a voi, perché io possa portar via il morto e seppellirlo». [5]Allora gli Ittiti risposero ad Abramo dicendogli: [6] «Ascolta noi, piuttosto, signore. Tu sei un principe di Dio in mezzo a noi: seppellisci il tuo morto nel migliore dei nostri sepolcri. Nessuno di noi ti proibirà di seppellire il tuo morto nel suo sepolcro».
[7] Abramo si alzò, si prostrò davanti al popolo della regione, davanti agli Ittiti, [8] e parlò loro: «Se è secondo il vostro desiderio che io porti via il mio morto e lo seppellisca, ascoltatemi e insistete per me presso Efron, figlio di Socar, [9] perché mi dia la sua caverna di Macpela, che è all’estremità del suo campo. Me la ceda per il suo prezzo intero come proprietà sepolcrale in mezzo a voi». [10] Ora Efron stava seduto in mezzo agli Ittiti. Efron l’Ittita rispose ad Abramo, mentre lo ascoltavano gli Ittiti, quanti erano convenuti alla porta della sua città, e disse: [11] «Ascolta me, piuttosto, mio signore: ti cedo il campo con la caverna che vi si trova, in presenza dei figli del mio popolo te la cedo: seppellisci il tuo morto». [12] Allora Abramo si prostrò a lui alla presenza del popolo della regione. [13] Parlò a Efron, mentre lo ascoltava il popolo della regione, e disse: «Se solo mi volessi ascoltare: io ti do il prezzo del campo. Accettalo da me, così là seppellirò il mio morto». [14] Efron rispose ad Abramo: [15] «Ascolta me piuttosto, mio signore: un terreno del valore di quattrocento sicli d’argento che cosa è mai tra me e te? Seppellisci dunque il tuo morto».
[16] Abramo accettò le richieste di Efron e Abramo pesò a Efron il prezzo che questi aveva detto, mentre lo ascoltavano gli Ittiti, cioè quattrocento sicli d’argento, secondo la misura in corso sul mercato. [17] Così il campo di Efron, che era a Macpela, di fronte a Mamre, il campo e la caverna che vi si trovava e tutti gli alberi che erano dentro il campo e intorno al suo limite [18] passarono in proprietà ad Abramo, alla presenza degli Ittiti, di quanti erano convenuti alla porta della città. [19] Poi Abramo seppellì Sara, sua moglie, nella caverna del campo di Macpela di fronte a Mamre, cioè Ebron, nella terra di Canaan. [20] Il campo e la caverna che vi si trovava passarono dagli Ittiti ad Abramo in proprietà sepolcrale.

Capitolo 24

Viaggio di Eliezer in Paddan o Pianura di Aram – [1] Abramo era ormai vecchio, avanti negli anni, e il Signore lo aveva benedetto in tutto. [2] Allora Abramo disse al suo servo, il più anziano della sua casa, che aveva potere su tutti i suoi beni: «Metti la mano sotto la mia coscia [3] e ti farò giurare per il Signore, Dio del cielo e Dio della terra, che non prenderai per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei, in mezzo ai quali abito, [4] ma che andrai nella mia terra, tra la mia parentela, a scegliere una moglie per mio figlio Isacco». [5] Gli disse il servo: «Se la donna non mi vuol seguire in questa terra, dovrò forse ricondurre tuo figlio alla terra da cui tu sei uscito?». [6] Gli rispose Abramo: «Guàrdati dal ricondurre là mio figlio! [7] Il Signore, Dio del cielo e Dio della terra, che mi ha preso dalla casa di mio padre e dalla mia terra natia, che mi ha parlato e mi ha giurato: “Alla tua discendenza darò questa terra”, egli stesso manderà il suo angelo davanti a te, perché tu possa prendere di là una moglie per mio figlio. [8] Se la donna non vorrà seguirti, allora sarai libero dal giuramento a me fatto; ma non devi ricondurre là mio figlio». [9] Il servo mise la mano sotto la coscia di Abramo, suo padrone, e gli prestò così il giuramento richiesto.
[10] Il servo prese dieci cammelli del suo padrone e, portando ogni sorta di cose preziose del suo padrone, si mise in viaggio e andò in Aram Naharàim, alla città di Nacor. [11] Fece inginocchiare i cammelli fuori della città, presso il pozzo d’acqua, nell’ora della sera, quando le donne escono ad attingere. [12] E disse: «Signore, Dio del mio padrone Abramo, concedimi un felice incontro quest’oggi e usa bontà verso il mio padrone Abramo! [13] Ecco, io sto presso la fonte dell’acqua, mentre le figlie degli abitanti della città escono per attingere acqua. [14] Ebbene, la ragazza alla quale dirò: “Abbassa l’anfora e lasciami bere”, e che risponderà: “Bevi, anche ai tuoi cammelli darò da bere”, sia quella che tu hai destinato al tuo servo Isacco; da questo riconoscerò che tu hai usato bontà verso il mio padrone».
[15] Non aveva ancora finito di parlare, quand’ecco Rebecca, che era figlia di Betuèl, figlio di Milca, moglie di Nacor, fratello di Abramo, usciva con l’anfora sulla spalla. [16] La giovinetta era molto bella d’aspetto, era vergine, nessun uomo si era unito a lei. Ella scese alla sorgente, riempì l’anfora e risalì. [17] Il servo allora le corse incontro e disse: «Fammi bere un po’ d’acqua dalla tua anfora». [18] Rispose: «Bevi, mio signore». In fretta calò l’anfora sul braccio e lo fece bere. [19] Come ebbe finito di dargli da bere, disse: «Anche per i tuoi cammelli ne attingerò, finché non avranno finito di bere». [20] In fretta vuotò l’anfora nell’abbeveratoio, corse di nuovo ad attingere al pozzo e attinse per tutti i cammelli di lui. [21] Intanto quell’uomo la contemplava in silenzio, in attesa di sapere se il Signore avesse o no concesso buon esito al suo viaggio.
[22] Quando i cammelli ebbero finito di bere, quell’uomo prese un pendente d’oro del peso di mezzo siclo e glielo mise alle narici, e alle sue braccia mise due braccialetti del peso di dieci sicli d’oro. [23] E disse: «Di chi sei figlia? Dimmelo. C’è posto per noi in casa di tuo padre, per passarvi la notte?». [24] Gli rispose: «Io sono figlia di Betuèl, il figlio che Milca partorì a Nacor». [25] E soggiunse: «C’è paglia e foraggio in quantità da noi e anche posto per passare la notte».
[26] Quell’uomo si inginocchiò e si prostrò al Signore [27] e disse: «Sia benedetto il Signore, Dio del mio padrone Abramo, che non ha cessato di usare bontà e fedeltà verso il mio padrone. Quanto a me, il Signore mi ha guidato sulla via fino alla casa dei fratelli del mio padrone». [28] La giovinetta corse ad annunciare alla casa di sua madre tutte queste cose.
Rebecca diventa moglie di Isacco – [29] Ora Rebecca aveva un fratello chiamato Làbano e Làbano corse fuori da quell’uomo al pozzo. [30] Egli infatti, visti il pendente e i braccialetti alle braccia della sorella e udite queste parole di Rebecca, sua sorella: «Così mi ha parlato quell’uomo», andò da lui, che stava ancora presso i cammelli vicino al pozzo. [31] Gli disse: «Vieni, benedetto dal Signore! Perché te ne stai fuori, mentre io ho preparato la casa e un posto per i cammelli?». [32] Allora l’uomo entrò in casa e Làbano tolse il basto ai cammelli, fornì paglia e foraggio ai cammelli e acqua per lavare i piedi a lui e ai suoi uomini. [33] Quindi gli fu posto davanti da mangiare, ma egli disse: «Non mangerò, finché non avrò detto quello che devo dire». Gli risposero: «Di’ pure».
[34] E disse: «Io sono un servo di Abramo. [35] Il Signore ha benedetto molto il mio padrone, che è diventato potente: gli ha concesso greggi e armenti, argento e oro, schiavi e schiave, cammelli e asini. [36]Sara, la moglie del mio padrone, quando ormai era vecchia, gli ha partorito un figlio, al quale egli ha dato tutti i suoi beni. [37] E il mio padrone mi ha fatto giurare: “Non devi prendere per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei, in mezzo ai quali abito, [38] ma andrai alla casa di mio padre, alla mia famiglia, a prendere una moglie per mio figlio”. [39] Io dissi al mio padrone: “Forse la donna non vorrà seguirmi”.[40] Mi rispose: “Il Signore, alla cui presenza io cammino, manderà con te il suo angelo e darà felice esito al tuo viaggio, così che tu possa prendere una moglie per mio figlio dalla mia famiglia e dalla casa di mio padre. [41] Solo quando sarai andato dalla mia famiglia, sarai esente dalla mia maledizione; se loro non volessero cedertela, tu sarai esente dalla mia maledizione”. [42] Così oggi sono arrivato alla fonte e ho detto: “Signore, Dio del mio padrone Abramo, se tu vorrai dare buon esito al viaggio che sto compiendo,[43] ecco, io sto presso la fonte d’acqua; ebbene, la giovane che uscirà ad attingere, alla quale io dirò: Fammi bere un po’ d’acqua dalla tua anfora, [44] e mi risponderà: Bevi tu e ne attingerò anche per i tuoi cammelli, quella sarà la moglie che il Signore ha destinato al figlio del mio padrone”. [45] Io non avevo ancora finito di pensare a queste cose, quand’ecco Rebecca uscì con l’anfora sulla spalla, scese alla fonte e attinse acqua; io allora le dissi: “Fammi bere”. [46] Subito lei calò l’anfora e disse: “Bevi; anche ai tuoi cammelli darò da bere”. Così io bevvi ed ella diede da bere anche ai cammelli. [47] E io la interrogai: “Di chi sei figlia?”. Rispose: “Sono figlia di Betuèl, il figlio che Milca ha partorito a Nacor”. Allora le posi il pendente alle narici e i braccialetti alle braccia. [48] Poi mi inginocchiai e mi prostrai al Signore e benedissi il Signore, Dio del mio padrone Abramo, il quale mi aveva guidato per la via giusta a prendere per suo figlio la figlia del fratello del mio padrone. [49] Ora, se intendete usare bontà e fedeltà verso il mio padrone, fatemelo sapere; se no, fatemelo sapere ugualmente, perché io mi rivolga altrove».
[50] Allora Làbano e Betuèl risposero: «La cosa procede dal Signore, non possiamo replicarti nulla, né in bene né in male. [51] Ecco Rebecca davanti a te: prendila, va’ e sia la moglie del figlio del tuo padrone, come ha parlato il Signore».
[52] Quando il servo di Abramo udì le loro parole, si prostrò a terra davanti al Signore. [53] Poi il servo estrasse oggetti d’argento, oggetti d’oro e vesti e li diede a Rebecca; doni preziosi diede anche al fratello e alla madre di lei. [54] Poi mangiarono e bevvero lui e i suoi uomini e passarono la notte. Quando si alzarono alla mattina, egli disse: «Lasciatemi andare dal mio padrone». [55] Ma il fratello e la madre di lei dissero: «Rimanga la giovinetta con noi qualche tempo, una decina di giorni; dopo, te ne andrai». [56]Rispose loro: «Non trattenetemi, mentre il Signore ha concesso buon esito al mio viaggio. Lasciatemi partire per andare dal mio padrone!». [57] Dissero allora: «Chiamiamo la giovinetta e domandiamo a lei stessa». [58] Chiamarono dunque Rebecca e le dissero: «Vuoi partire con quest’uomo?». Ella rispose: «Sì». [59] Allora essi lasciarono partire la loro sorella Rebecca con la nutrice, insieme con il servo di Abramo e i suoi uomini. [60] Benedissero Rebecca e le dissero:
«Tu, sorella nostra,
diventa migliaia di miriadi
e la tua stirpe conquisti
le città dei suoi nemici!».
[61] Così Rebecca e le sue ancelle si alzarono, salirono sui cammelli e seguirono quell’uomo. Il servo prese con sé Rebecca e partì. [62] Intanto Isacco rientrava dal pozzo di Lacai-Roì; abitava infatti nella regione del Negheb. [63] Isacco uscì sul far della sera per svagarsi in campagna e, alzando gli occhi, vide venire i cammelli. [64] Alzò gli occhi anche Rebecca, vide Isacco e scese subito dal cammello. [65] E disse al servo: «Chi è quell’uomo che viene attraverso la campagna incontro a noi?». Il servo rispose: «È il mio padrone». Allora ella prese il velo e si coprì. [66] Il servo raccontò a Isacco tutte le cose che aveva fatto. [67] Isacco introdusse Rebecca nella tenda che era stata di sua madre Sara; si prese in moglie Rebecca e l’amò. Isacco trovò conforto dopo la morte della madre.

Capitolo 25

I figli di Ketura – [1] Abramo prese un’altra moglie, che aveva nome Keturà. [2] Ella gli partorì Zimran, Ioksan, Medan, Madian, Isbak e Suach. [3] Ioksan generò Saba e Dedan, e i figli di Dedan furono gli Assurìm, i Letusìm e i Leummìm. [4] I figli di Madian furono Efa, Efer, Enoc, Abidà ed Eldaà. Tutti questi sono i figli di Keturà.
Morte di Abramo – [5] Abramo diede tutti i suoi beni a Isacco. [6] Invece ai figli delle concubine, che aveva avuto, Abramo fece doni e, mentre era ancora in vita, li licenziò, mandandoli lontano da Isacco suo figlio, verso il levante, nella regione orientale.
[7] L’intera durata della vita di Abramo fu di centosettantacinque anni. [8] Poi Abramo spirò e morì in felice canizie, vecchio e sazio di giorni, e si riunì ai suoi antenati. [9] Lo seppellirono i suoi figli, Isacco e Ismaele, nella caverna di Macpela, nel campo di Efron, figlio di Socar, l’Ittita, di fronte a Mamre. [10] È appunto il campo che Abramo aveva comprato dagli Ittiti: ivi furono sepolti Abramo e sua moglie Sara. [11]Dopo la morte di Abramo, Dio benedisse il figlio di lui Isacco e Isacco abitò presso il pozzo di Lacai-Roì.
Discendenti di Ismaele – [12] Questa è la discendenza di Ismaele, figlio di Abramo, che gli aveva partorito Agar l’Egiziana, schiava di Sara. [13] Questi sono i nomi dei figli d’Ismaele, con il loro elenco in ordine di generazione: il primogenito di Ismaele è Nebaiòt, poi Kedar, Adbeèl, Mibsam, [14] Misma, Duma, Massa, [15] Adad, Tema, Ietur, Nafis e Kedma. [16] Questi sono i figli di Ismaele e questi sono i loro nomi secondo i loro recinti e accampamenti. Sono i dodici prìncipi delle rispettive tribù. [17] La durata della vita di Ismaele fu di centotrentasette anni; poi spirò e si riunì ai suoi antenati. [18] Egli abitò da Avìla fino a Sur, che è lungo il confine dell’Egitto in direzione di Assur. Egli si era stabilito di fronte a tutti i suoi fratelli.

Storia di Isacco

I figli d’Isacco: Esaù e Giacobbe – [19] Questa è la discendenza di Isacco, figlio di Abramo. Abramo aveva generato Isacco. [20] Isacco aveva quarant’anni quando si prese in moglie Rebecca, figlia di Betuèl l’Arameo, da Paddan-Aram, e sorella di Làbano, l’Arameo. [21] Isacco supplicò il Signore per sua moglie, perché ella era sterile e il Signore lo esaudì, così che sua moglie Rebecca divenne incinta. [22] Ora i figli si urtavano nel suo seno ed ella esclamò: «Se è così, che cosa mi sta accadendo?». Andò a consultare il Signore. [23] Il Signore le rispose:
«Due nazioni sono nel tuo seno
e due popoli dal tuo grembo si divideranno;
un popolo sarà più forte dell’altro
e il maggiore servirà il più piccolo».
[24] Quando poi si compì per lei il tempo di partorire, ecco, due gemelli erano nel suo grembo. [25] Uscì il primo, rossiccio e tutto come un mantello di pelo, e fu chiamato Esaù. [26] Subito dopo, uscì il fratello e teneva in mano il calcagno di Esaù; fu chiamato Giacobbe. Isacco aveva sessant’anni quando essi nacquero.
[27] I fanciulli crebbero ed Esaù divenne abile nella caccia, un uomo della steppa, mentre Giacobbe era un uomo tranquillo, che dimorava sotto le tende. [28] Isacco prediligeva Esaù, perché la cacciagione era di suo gusto, mentre Rebecca prediligeva Giacobbe.
Esaù vende la primogenitura – [29] Una volta Giacobbe aveva cotto una minestra; Esaù arrivò dalla campagna ed era sfinito. [30] Disse a Giacobbe: «Lasciami mangiare un po’ di questa minestra rossa, perché io sono sfinito». Per questo fu chiamato Edom. [31] Giacobbe disse: «Vendimi subito la tua primogenitura». [32] Rispose Esaù: «Ecco, sto morendo: a che mi serve allora la primogenitura?». [33]Giacobbe allora disse: «Giuramelo subito». Quegli lo giurò e vendette la primogenitura a Giacobbe. [34]Giacobbe diede a Esaù il pane e la minestra di lenticchie; questi mangiò e bevve, poi si alzò e se ne andò. A tal punto Esaù aveva disprezzato la primogenitura.

Capitolo 26

Isacco e Gerar – [1] Venne una carestia nella terra, dopo quella che c’era stata ai tempi di Abramo, e Isacco andò a Gerar presso Abimèlec, re dei Filistei. [2] Gli apparve il Signore e gli disse: «Non scendere in Egitto, abita nella terra che io ti indicherò, [3] rimani come forestiero in questa terra e io sarò con te e ti benedirò: a te e alla tua discendenza io concederò tutti questi territori, e manterrò il giuramento che ho fatto ad Abramo tuo padre. [4] Renderò la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo e concederò alla tua discendenza tutti questi territori: tutte le nazioni della terra si diranno benedette nella tua discendenza; [5] perché Abramo ha obbedito alla mia voce e ha osservato ciò che io gli avevo prescritto: i miei comandamenti, le mie istituzioni e le mie leggi».
[6] Così Isacco dimorò a Gerar. [7] Gli uomini del luogo gli fecero domande sulla moglie, ma egli disse: «È mia sorella»; infatti aveva timore di dire: «È mia moglie», pensando che gli uomini del luogo lo avrebbero potuto uccidere a causa di Rebecca, che era di bell’aspetto.
[8] Era là da molto tempo, quando Abimèlec, re dei Filistei, si affacciò alla finestra e vide Isacco scherzare con la propria moglie Rebecca. [9] Abimèlec chiamò Isacco e disse: «Sicuramente ella è tua moglie. E perché tu hai detto: “È mia sorella”?». Gli rispose Isacco: «Perché mi son detto: che io non abbia a morire per causa di lei!». [10] Riprese Abimèlec: «Perché ti sei comportato così con noi? Poco ci mancava che qualcuno del popolo si unisse a tua moglie e tu attirassi su di noi una colpa». [11] Abimèlec diede quest’ordine a tutto il popolo: «Chi tocca quest’uomo o sua moglie sarà messo a morte!».
[12] Isacco fece una semina in quella terra e raccolse quell’anno il centuplo. Il Signore infatti lo aveva benedetto. [13] E l’uomo divenne ricco e crebbe tanto in ricchezze fino a divenire ricchissimo: [14]possedeva greggi e armenti e numerosi schiavi, e i Filistei cominciarono a invidiarlo.
[15] Tutti i pozzi che avevano scavato i servi di suo padre ai tempi di Abramo, suo padre, i Filistei li avevano chiusi riempiendoli di terra. [16] Abimèlec disse a Isacco: «Vattene via da noi, perché tu sei molto più potente di noi». [17] Isacco andò via di là, si accampò lungo il torrente di Gerar e vi si stabilì. [18]Isacco riattivò i pozzi d’acqua, che avevano scavato i servi di suo padre, Abramo, e che i Filistei avevano chiuso dopo la morte di Abramo, e li chiamò come li aveva chiamati suo padre. [19] I servi di Isacco scavarono poi nella valle e vi trovarono un pozzo di acqua viva. [20] Ma i pastori di Gerar litigarono con i pastori di Isacco, dicendo: «L’acqua è nostra!». Allora egli chiamò il pozzo Esek, perché quelli avevano litigato con lui. [21] Scavarono un altro pozzo, ma quelli litigarono anche per questo ed egli lo chiamò Sitna. [22] Si mosse di là e scavò un altro pozzo, per il quale non litigarono; allora egli lo chiamò Recobòt e disse: «Ora il Signore ci ha dato spazio libero, perché noi prosperiamo nella terra». [23] Di là salì a Bersabea. [24] E in quella notte gli apparve il Signore e disse:
«Io sono il Dio di Abramo, tuo padre;
non temere, perché io sono con te:
ti benedirò e moltiplicherò la tua discendenza
a causa di Abramo, mio servo».
[25] Allora egli costruì in quel luogo un altare e invocò il nome del Signore. Lì piantò la tenda, e i servi di Isacco scavarono un pozzo.
[26] Intanto Abimèlec da Gerar era andato da lui, insieme con Acuzzàt, suo consigliere, e Picol, capo del suo esercito. [27] Isacco disse loro: «Perché siete venuti da me, mentre voi mi odiate e mi avete scacciato da voi?». [28] Gli risposero: «Abbiamo visto che il Signore è con te e abbiamo detto: vi sia tra noi un giuramento, tra noi e te, e concludiamo un’alleanza con te: [29] tu non ci farai alcun male, come noi non ti abbiamo toccato e non ti abbiamo fatto se non del bene e ti abbiamo lasciato andare in pace. Tu sei ora un uomo benedetto dal Signore». [30] Allora imbandì loro un convito e mangiarono e bevvero. [31] Alzatisi di buon mattino, si prestarono giuramento l’un l’altro, poi Isacco li congedò e partirono da lui in pace. [32]Proprio in quel giorno arrivarono i servi di Isacco e lo informarono a proposito del pozzo che avevano scavato e gli dissero: «Abbiamo trovato l’acqua». [33] Allora egli lo chiamò Siba: per questo la città si chiama Bersabea ancora oggi.
Le mogli etee di Esaù – [34] Quando Esaù ebbe quarant’anni, prese in moglie Giuditta, figlia di Beerì l’Ittita, e Basmat, figlia di Elon l’Ittita. [35] Esse furono causa d’intima amarezza per Isacco e per Rebecca.

Capitolo 27

Giacobbe benedetto da Isacco – [1] Isacco era vecchio e gli occhi gli si erano così indeboliti che non ci vedeva più. Chiamò il figlio maggiore, Esaù, e gli disse: «Figlio mio». Gli rispose: «Eccomi». [2] Riprese: «Vedi, io sono vecchio e ignoro il giorno della mia morte. [3] Ebbene, prendi le tue armi, la tua farètra e il tuo arco, va’ in campagna e caccia per me della selvaggina. [4] Poi preparami un piatto di mio gusto e portamelo; io lo mangerò affinché possa benedirti prima di morire». [5] Ora Rebecca ascoltava, mentre Isacco parlava al figlio Esaù. Andò dunque Esaù in campagna a caccia di selvaggina da portare a casa. [6]Rebecca disse al figlio Giacobbe: «Ecco, ho sentito tuo padre dire a tuo fratello Esaù: [7] “Portami della selvaggina e preparami un piatto, lo mangerò e poi ti benedirò alla presenza del Signore prima di morire”.[8] Ora, figlio mio, da’ retta a quel che ti ordino. [9] Va’ subito al gregge e prendimi di là due bei capretti; io preparerò un piatto per tuo padre, secondo il suo gusto. [10] Così tu lo porterai a tuo padre, che ne mangerà, perché ti benedica prima di morire». [11] Rispose Giacobbe a Rebecca, sua madre: «Sai bene che mio fratello Esaù è peloso, mentre io ho la pelle liscia. [12] Forse mio padre mi toccherà e si accorgerà che mi prendo gioco di lui e attirerò sopra di me una maledizione invece di una benedizione». [13] Ma sua madre gli disse: «Ricada pure su di me la tua maledizione, figlio mio! Tu dammi retta e va’ a prendermi i capretti». [14] Allora egli andò a prenderli e li portò alla madre, così la madre ne fece un piatto secondo il gusto di suo padre. [15] Rebecca prese i vestiti più belli del figlio maggiore, Esaù, che erano in casa presso di lei, e li fece indossare al figlio minore, Giacobbe; [16] con le pelli dei capretti rivestì le sue braccia e la parte liscia del collo. [17] Poi mise in mano a suo figlio Giacobbe il piatto e il pane che aveva preparato.
[18] Così egli venne dal padre e disse: «Padre mio». Rispose: «Eccomi; chi sei tu, figlio mio?». [19]Giacobbe rispose al padre: «Io sono Esaù, il tuo primogenito. Ho fatto come tu mi hai ordinato. Àlzati, dunque, siediti e mangia la mia selvaggina, perché tu mi benedica». [20] Isacco disse al figlio: «Come hai fatto presto a trovarla, figlio mio!». Rispose: «Il Signore tuo Dio me l’ha fatta capitare davanti». [21] Ma Isacco gli disse: «Avvicìnati e lascia che ti tocchi, figlio mio, per sapere se tu sei proprio il mio figlio Esaù o no». [22] Giacobbe si avvicinò a Isacco suo padre, il quale lo toccò e disse: «La voce è la voce di Giacobbe, ma le braccia sono le braccia di Esaù». [23] Così non lo riconobbe, perché le sue braccia erano pelose come le braccia di suo fratello Esaù, e lo benedisse. [24] Gli disse ancora: «Tu sei proprio il mio figlio Esaù?». Rispose: «Lo sono». [25] Allora disse: «Servimi, perché possa mangiare della selvaggina di mio figlio, e ti benedica». Gliene servì ed egli mangiò, gli portò il vino ed egli bevve. [26] Poi suo padre Isacco gli disse: «Avvicìnati e baciami, figlio mio!». [27] Gli si avvicinò e lo baciò. Isacco aspirò l’odore degli abiti di lui e lo benedisse:
«Ecco, l’odore del mio figlio
come l’odore di un campo
che il Signore ha benedetto.
[28] Dio ti conceda rugiada dal cielo,
terre grasse, frumento e mosto in abbondanza.
[29] Popoli ti servano
e genti si prostrino davanti a te.
Sii il signore dei tuoi fratelli
e si prostrino davanti a te i figli di tua madre.
Chi ti maledice sia maledetto
e chi ti benedice sia benedetto!».
[30] Isacco aveva appena finito di benedire Giacobbe e Giacobbe si era allontanato dal padre Isacco, quando tornò dalla caccia Esaù, suo fratello. [31] Anch’egli preparò un piatto, lo portò al padre e gli disse: «Si alzi mio padre e mangi la selvaggina di suo figlio, per potermi benedire». [32] Gli disse suo padre Isacco: «Chi sei tu?». Rispose: «Io sono il tuo figlio primogenito, Esaù». [33] Allora Isacco fu colto da un fortissimo tremito e disse: «Chi era dunque colui che ha preso la selvaggina e me l’ha portata? Io ho mangiato tutto prima che tu giungessi, poi l’ho benedetto e benedetto resterà». [34] Quando Esaù sentì le parole di suo padre, scoppiò in alte, amarissime grida. Disse a suo padre: «Benedici anche me, padre mio!». [35] Rispose: «È venuto tuo fratello con inganno e ha carpito la benedizione che spettava a te». [36]Riprese: «Forse perché si chiama Giacobbe mi ha soppiantato già due volte? Già ha carpito la mia primogenitura ed ecco ora ha carpito la mia benedizione!». E soggiunse: «Non hai forse in serbo qualche benedizione per me?». [37] Isacco rispose e disse a Esaù: «Ecco, io l’ho costituito tuo signore e gli ho dato come servi tutti i suoi fratelli; l’ho provveduto di frumento e di mosto; ora, per te, che cosa mai potrei fare, figlio mio?». [38] Esaù disse al padre: «Hai una sola benedizione, padre mio? Benedici anche me, padre mio!». Esaù alzò la voce e pianse. [39] Allora suo padre Isacco prese la parola e gli disse:
«Ecco, la tua abitazione
sarà lontano dalle terre grasse,
lontano dalla rugiada del cielo dall’alto.
[40] Vivrai della tua spada
e servirai tuo fratello;
ma verrà il giorno che ti riscuoterai,
spezzerai il suo giogo dal tuo collo».
[41] Esaù perseguitò Giacobbe per la benedizione che suo padre gli aveva dato. Pensò Esaù: «Si avvicinano i giorni del lutto per mio padre; allora ucciderò mio fratello Giacobbe». [42] Ma furono riferite a Rebecca le parole di Esaù, suo figlio maggiore, ed ella mandò a chiamare il figlio minore Giacobbe e gli disse: «Esaù, tuo fratello, vuole vendicarsi di te e ucciderti. [43] Ebbene, figlio mio, dammi retta: su, fuggi a Carran da mio fratello Làbano. [44] Rimarrai con lui qualche tempo, finché l’ira di tuo fratello si sarà placata. [45] Quando la collera di tuo fratello contro di te si sarà placata e si sarà dimenticato di quello che gli hai fatto, allora io manderò a prenderti di là. Perché dovrei venir privata di voi due in un solo giorno?».
[46] E Rebecca disse a Isacco: «Ho disgusto della mia vita a causa delle donne ittite: se Giacobbe prende moglie tra le Ittite come queste, tra le ragazze della regione, a che mi giova la vita?».

Storia di Giacobbe

Capitolo 28

Rebecca fa mandare Giacobbe in Mesopotamia – [1] Allora Isacco chiamò Giacobbe, lo benedisse e gli diede questo comando: «Tu non devi prender moglie tra le figlie di Canaan. [2] Su, va’ in Paddan-Aram, nella casa di Betuèl, padre di tua madre, e prenditi là una moglie tra le figlie di Làbano, fratello di tua madre. [3] Ti benedica Dio l’Onnipotente, ti renda fecondo e ti moltiplichi, sì che tu divenga un insieme di popoli. [4] Conceda la benedizione di Abramo a te e alla tua discendenza con te, perché tu possieda la terra che Dio ha dato ad Abramo, dove tu sei stato forestiero». [5] Così Isacco fece partire Giacobbe, che andò in Paddan-Aram presso Làbano, figlio di Betuèl, l’Arameo, fratello di Rebecca, madre di Giacobbe e di Esaù.
Altro sposalizio di Esaù – [6] Esaù vide che Isacco aveva benedetto Giacobbe e l’aveva mandato in Paddan-Aram per prendersi una moglie originaria di là e che, mentre lo benediceva, gli aveva dato questo comando: «Non devi prender moglie tra le Cananee».
[7] Giacobbe, obbedendo al padre e alla madre, era partito per Paddan-Aram. [8] Esaù comprese che le figlie di Canaan non erano gradite a suo padre Isacco. [9] Allora si recò da Ismaele e, oltre le mogli che aveva, si prese in moglie Macalàt, figlia di Ismaele, figlio di Abramo, sorella di Nebaiòt.
La visione di Giacobbe a Bet-El – [10] Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. [11] Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese là una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. [12] Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco, gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. [13] Ecco, il Signore gli stava davanti e disse: «Io sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco. A te e alla tua discendenza darò la terra sulla quale sei coricato. [14] La tua discendenza sarà innumerevole come la polvere della terra; perciò ti espanderai a occidente e a oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E si diranno benedette, in te e nella tua discendenza, tutte le famiglie della terra. [15] Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questa terra, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che ti ho detto».
[16] Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: «Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo». [17]Ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo». [18] La mattina Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. [19] E chiamò quel luogo Betel, mentre prima di allora la città si chiamava Luz.
[20] Giacobbe fece questo voto: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e mi darà pane da mangiare e vesti per coprirmi, [21] se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio. [22] Questa pietra, che io ho eretto come stele, sarà una casa di Dio; di quanto mi darai, io ti offrirò la decima».

Capitolo 29

Giacobbe in casa di Labano – [1] Giacobbe si mise in cammino e andò nel territorio degli orientali. [2]Vide nella campagna un pozzo e tre greggi di piccolo bestiame distese vicino, perché a quel pozzo si abbeveravano le greggi. Sulla bocca del pozzo c’era una grande pietra: [3] solo quando tutte le greggi si erano radunate là, i pastori facevano rotolare la pietra dalla bocca del pozzo e abbeveravano il bestiame; poi rimettevano la pietra al suo posto sulla bocca del pozzo. [4] Giacobbe disse loro: «Fratelli miei, di dove siete?». Risposero: «Siamo di Carran». [5] Disse loro: «Conoscete Làbano, figlio di Nacor?». Risposero: «Lo conosciamo». [6] Poi domandò: «Sta bene?». Risposero: «Sì; ecco sua figlia Rachele che viene con il gregge». [7] Riprese: «Eccoci ancora in pieno giorno: non è tempo di radunare il bestiame. Date da bere al bestiame e andate a pascolare!». [8] Ed essi risposero: «Non possiamo, finché non si siano radunate tutte le greggi e si rotoli la pietra dalla bocca del pozzo; allora faremo bere il gregge».
[9] Egli stava ancora parlando con loro, quando arrivò Rachele con il bestiame del padre; era infatti una pastorella. [10] Quando Giacobbe vide Rachele, figlia di Làbano, fratello di sua madre, insieme con il bestiame di Làbano, fratello di sua madre, Giacobbe, fattosi avanti, fece rotolare la pietra dalla bocca del pozzo e fece bere le pecore di Làbano, fratello di sua madre. [11] Poi Giacobbe baciò Rachele e pianse ad alta voce. [12] Giacobbe rivelò a Rachele che egli era parente del padre di lei, perché figlio di Rebecca. Allora ella corse a riferirlo al padre. [13] Quando Làbano seppe che era Giacobbe, il figlio di sua sorella, gli corse incontro, lo abbracciò, lo baciò e lo condusse nella sua casa. Ed egli raccontò a Làbano tutte queste vicende. [14] Allora Làbano gli disse: «Davvero tu sei mio osso e mia carne!». Così restò presso di lui per un mese.
Giacobbe sposa le figlie di Labano Lia e Rachele – [15] Poi Làbano disse a Giacobbe: «Poiché sei mio parente, dovrai forse prestarmi servizio gratuitamente? Indicami quale deve essere il tuo salario». [16]Ora Làbano aveva due figlie; la maggiore si chiamava Lia e la più piccola si chiamava Rachele. [17] Lia aveva gli occhi smorti, mentre Rachele era bella di forme e avvenente di aspetto, [18] perciò Giacobbe s’innamorò di Rachele. Disse dunque: «Io ti servirò sette anni per Rachele, tua figlia minore». [19] Rispose Làbano: «Preferisco darla a te piuttosto che a un estraneo. Rimani con me». [20] Così Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli sembrarono pochi giorni, tanto era il suo amore per lei.
[21] Poi Giacobbe disse a Làbano: «Dammi la mia sposa, perché i giorni sono terminati e voglio unirmi a lei». [22] Allora Làbano radunò tutti gli uomini del luogo e diede un banchetto. [23] Ma quando fu sera, egli prese la figlia Lia e la condusse da lui ed egli si unì a lei. [24] Làbano diede come schiava, alla figlia Lia, la sua schiava Zilpa. [25] Quando fu mattina… ecco, era Lia! Allora Giacobbe disse a Làbano: «Che cosa mi hai fatto? Non sono stato al tuo servizio per Rachele? Perché mi hai ingannato?». [26] Rispose Làbano: «Non si usa far così dalle nostre parti, non si dà in sposa la figlia più piccola prima della primogenita. [27]Finisci questa settimana nuziale, poi ti darò anche l’altra per il servizio che tu presterai presso di me per altri sette anni». [28] E così fece Giacobbe: terminò la settimana nuziale e allora Làbano gli diede in moglie la figlia Rachele. [29] Làbano diede come schiava, alla figlia Rachele, la sua schiava Bila. [30]Giacobbe si unì anche a Rachele e amò Rachele più di Lia. Fu ancora al servizio di lui per altri sette anni.
I primi quattro figli di Lia – [31] Ora il Signore, vedendo che Lia veniva trascurata, la rese feconda, mentre Rachele rimaneva sterile. [32] Così Lia concepì e partorì un figlio e lo chiamò Ruben, perché disse: «Il Signore ha visto la mia umiliazione; certo, ora mio marito mi amerà». [33] Concepì ancora e partorì un figlio, e disse: «Il Signore ha udito che io ero trascurata e mi ha dato anche questo». E lo chiamò Simeone.[34] Concepì ancora e partorì un figlio, e disse: «Questa volta mio marito mi si affezionerà, perché gli ho partorito tre figli». Per questo lo chiamò Levi. [35] Concepì ancora e partorì un figlio, e disse: «Questa volta loderò il Signore». Per questo lo chiamò Giuda. E cessò di avere figli.

Capitolo 30

I figli delle serve di Rachele e di Lia – [1] Rachele, vedendo che non le era concesso di dare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: «Dammi dei figli, se no io muoio!». [2] Giacobbe s’irritò contro Rachele e disse: «Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?».[3] Allora ella rispose: «Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, partorisca sulle mie ginocchia cosicché, per mezzo di lei, abbia anch’io una mia prole». [4] Così ella gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei. [5] Bila concepì e partorì a Giacobbe un figlio. [6] Rachele disse: «Dio mi ha fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce, dandomi un figlio». Per questo ella lo chiamò Dan. [7] Bila, la schiava di Rachele, concepì ancora e partorì a Giacobbe un secondo figlio. [8] Rachele disse: «Ho sostenuto contro mia sorella lotte tremende e ho vinto!». E lo chiamò Nèftali.
[9] Allora Lia, vedendo che aveva cessato di aver figli, prese la propria schiava Zilpa e la diede in moglie a Giacobbe. [10] Zilpa, la schiava di Lia, partorì a Giacobbe un figlio. [11] Lia esclamò: «Per fortuna!» e lo chiamò Gad. [12] Zilpa, la schiava di Lia, partorì un secondo figlio a Giacobbe. [13] Lia disse: «Per mia felicità! Certamente le donne mi chiameranno beata». E lo chiamò Aser.
Altri figli di Lia – [14] Al tempo della mietitura del grano, Ruben uscì e trovò delle mandragore, che portò alla madre Lia. Rachele disse a Lia: «Dammi un po’ delle mandragore di tuo figlio». [15] Ma Lia rispose: «Ti sembra poco avermi portato via il marito, perché ora tu voglia portare via anche le mandragore di mio figlio?». Riprese Rachele: «Ebbene, Giacobbe si corichi pure con te questa notte, ma dammi in cambio le mandragore di tuo figlio». [16] La sera, quando Giacobbe arrivò dalla campagna, Lia gli uscì incontro e gli disse: «Da me devi venire, perché io ho pagato il diritto di averti con le mandragore di mio figlio». Così egli si coricò con lei quella notte. [17] Il Signore esaudì Lia, la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio. [18] Lia disse: «Dio mi ha dato il mio salario, perché ho dato la mia schiava a mio marito». E lo chiamò Ìssacar. [19] Lia concepì e partorì ancora un sesto figlio a Giacobbe. [20] Lia disse: «Dio mi ha fatto un bel regalo: questa volta mio marito mi preferirà, perché gli ho partorito sei figli». E lo chiamò Zàbulon. [21] In seguito partorì una figlia e la chiamò Dina.
Rachele madre di Giuseppe – [22] Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda. [23]Ella concepì e partorì un figlio e disse: «Dio ha tolto il mio disonore». [24] E lo chiamò Giuseppe, dicendo: «Il Signore mi aggiunga un altro figlio!».
Contratto fra Labano e Giacobbe – [25] Dopo che Rachele ebbe partorito Giuseppe, Giacobbe disse a Làbano: «Lasciami andare e tornare a casa mia, nella mia terra. [26] Dammi le mogli, per le quali ti ho servito, e i miei bambini, perché possa partire: tu conosci il servizio che ti ho prestato». [27] Gli disse Làbano: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi… Per divinazione ho saputo che il Signore mi ha benedetto per causa tua». [28] E aggiunse: «Fissami il tuo salario e te lo darò». [29] Gli rispose: «Tu stesso sai come ti ho servito e quanto sono cresciuti i tuoi averi per opera mia. [30] Perché il poco che avevi prima della mia venuta è aumentato oltre misura, e il Signore ti ha benedetto sui miei passi. Ma ora, quando lavorerò anch’io per la mia casa?». [31] Riprese Làbano: «Che cosa ti devo dare?». Giacobbe rispose: «Non mi devi nulla; se tu farai per me quanto ti dico, ritornerò a pascolare il tuo gregge e a custodirlo. [32] Oggi passerò fra tutto il tuo bestiame; tu metti da parte ogni capo di colore scuro tra le pecore e ogni capo chiazzato e punteggiato tra le capre: sarà il mio salario. [33] In futuro la mia stessa onestà risponderà per me; quando verrai a verificare il mio salario, ogni capo che non sarà punteggiato o chiazzato tra le capre e di colore scuro tra le pecore, se si troverà presso di me sarà come rubato». [34] Làbano disse: «Bene, sia come tu hai detto!». [35] In quel giorno mise da parte i capri striati e chiazzati e tutte le capre punteggiate e chiazzate, ogni capo che aveva del bianco, e ogni capo di colore scuro tra le pecore. Li affidò ai suoi figli [36] e stabilì una distanza di tre giorni di cammino tra sé e Giacobbe, mentre Giacobbe pascolava l’altro bestiame di Làbano.
[37] Ma Giacobbe prese rami freschi di pioppo, di mandorlo e di platano, ne intagliò la corteccia a strisce bianche, mettendo a nudo il bianco dei rami. [38] Mise i rami così scortecciati nei canaletti agli abbeveratoi dell’acqua, dove veniva a bere il bestiame, bene in vista per le bestie che andavano in calore quando venivano a bere. [39] Così le bestie andarono in calore di fronte ai rami e le capre figliarono capretti striati, punteggiati e chiazzati. [40] Quanto alle pecore, Giacobbe le separò e fece sì che le bestie avessero davanti a loro gli animali striati e tutti quelli di colore scuro del gregge di Làbano. E i branchi che si era così formato per sé, non li mise insieme al gregge di Làbano.
[41] Ogni qualvolta andavano in calore bestie robuste, Giacobbe metteva i rami nei canaletti in vista delle bestie, per farle concepire davanti ai rami. [42] Quando invece le bestie erano deboli, non li metteva. Così i capi di bestiame deboli erano per Làbano e quelli robusti per Giacobbe. [43] Egli si arricchì oltre misura e possedette greggi in grande quantità, schiave e schiavi, cammelli e asini.

Capitolo 31

Labano muta i patti dieci volte – [1] Giacobbe venne a sapere che i figli di Làbano dicevano: «Giacobbe si è preso tutto quello che aveva nostro padre e con quanto era di nostro padre si è fatto questa grande fortuna». [2] Giacobbe osservò anche la faccia di Làbano e si accorse che verso di lui non era più come prima. [3] Il Signore disse a Giacobbe: «Torna alla terra dei tuoi padri, nella tua famiglia e io sarò con te».[4] Allora Giacobbe mandò a chiamare Rachele e Lia, in campagna presso il suo gregge, [5] e disse loro: «Io mi accorgo dal volto di vostro padre che egli verso di me non è più come prima; ma il Dio di mio padre è stato con me. [6] Sapete voi stesse che ho servito vostro padre con tutte le mie forze, [7] mentre vostro padre si è beffato di me e ha cambiato dieci volte il mio salario; ma Dio non gli ha permesso di farmi del male. [8] Se egli diceva: “Le bestie punteggiate saranno il tuo salario”, tutto il gregge figliava bestie punteggiate; se diceva: “Le bestie striate saranno il tuo salario”, allora tutto il gregge figliava bestie striate.[9] Così Dio ha sottratto il bestiame a vostro padre e l’ha dato a me. [10] Una volta, nel tempo in cui il piccolo bestiame va in calore, io in sogno alzai gli occhi e vidi che i capri in procinto di montare le bestie erano striati, punteggiati e chiazzati. [11] L’angelo di Dio mi disse in sogno: “Giacobbe!”. Risposi: “Eccomi”. [12] Riprese: “Alza gli occhi e guarda: tutti i capri che montano le bestie sono striati, punteggiati e chiazzati, perché ho visto come ti tratta Làbano. [13] Io sono il Dio di Betel, dove tu hai unto una stele e dove mi hai fatto un voto. Ora àlzati, parti da questa terra e torna nella terra della tua famiglia!”». [14]Rachele e Lia gli risposero: «Abbiamo forse ancora una parte o una eredità nella casa di nostro padre? [15]Non siamo forse tenute in conto di straniere da parte sua, dal momento che ci ha vendute e si è anche mangiato il nostro denaro? [16] Tutta la ricchezza che Dio ha sottratto a nostro padre è nostra e dei nostri figli. Ora fa’ pure quello che Dio ti ha detto».
Giacobbe fugge, Labano lo insegue, ma Dio lo protegge – [17] Allora Giacobbe si alzò, caricò i figli e le mogli sui cammelli [18] e condusse via tutto il bestiame e tutti gli averi che si era acquistato, il bestiame che si era acquistato in Paddan-Aram, per ritornare da Isacco, suo padre, nella terra di Canaan.[19] Làbano era andato a tosare il gregge e Rachele rubò gli idoli che appartenevano al padre. [20]Giacobbe eluse l’attenzione di Làbano, l’Arameo, non lasciando trapelare che stava per fuggire; [21] così poté andarsene con tutti i suoi averi. Si mosse dunque, passò il Fiume e si diresse verso le montagne di Gàlaad.
[22] Il terzo giorno fu riferito a Làbano che Giacobbe era fuggito. [23] Allora egli prese con sé i suoi parenti, lo inseguì per sette giorni di cammino e lo raggiunse sulle montagne di Gàlaad. [24] Ma Dio venne da Làbano, l’Arameo, in un sogno notturno e gli disse: «Bada di non dir niente a Giacobbe, né in bene né in male!». [25] Làbano andò dunque a raggiungere Giacobbe. Ora Giacobbe aveva piantato la tenda sulle montagne e Làbano si era accampato con i parenti sulle montagne di Gàlaad. [26] Disse allora Làbano a Giacobbe: «Che cosa hai fatto? Hai eluso la mia attenzione e hai condotto via le mie figlie come prigioniere di guerra! [27] Perché sei fuggito di nascosto, mi hai ingannato e non mi hai avvertito? Io ti avrei congedato con festa e con canti, a suon di tamburelli e di cetre! [28] E non mi hai permesso di baciare i miei figli e le mie figlie! Certo, hai agito in modo insensato. [29] Sarebbe in mio potere farti del male, ma il Dio di tuo padre mi ha parlato la notte scorsa: “Bada di non dir niente a Giacobbe, né in bene né in male!”.[30] Certo, sei partito perché soffrivi di nostalgia per la casa di tuo padre; ma perché hai rubato i miei dèi?». [31] Giacobbe rispose a Làbano e disse: «Perché avevo paura e pensavo che mi avresti tolto con la forza le tue figlie. [32] Ma quanto a colui presso il quale tu troverai i tuoi dèi, non resterà in vita! Alla presenza dei nostri parenti verifica quanto vi può essere di tuo presso di me e riprendilo». Giacobbe non sapeva che li aveva rubati Rachele. [33] Allora Làbano entrò nella tenda di Giacobbe e poi nella tenda di Lia e nella tenda delle due schiave, ma non trovò nulla. Poi uscì dalla tenda di Lia ed entrò nella tenda di Rachele. [34] Rachele aveva preso gli idoli e li aveva messi nella sella del cammello, poi vi si era seduta sopra, così Làbano frugò in tutta la tenda, ma non li trovò. [35] Ella parlò al padre: «Non si offenda il mio signore se io non posso alzarmi davanti a te, perché ho quello che avviene di regola alle donne». Làbano cercò, ma non trovò gli idoli.
[36] Giacobbe allora si adirò e apostrofò Làbano, al quale disse: «Qual è il mio delitto, qual è il mio peccato, perché ti accanisca contro di me? [37] Ora che hai frugato tra tutti i miei oggetti, che cosa hai trovato di tutte le cose di casa tua? Mettilo qui davanti ai miei e tuoi parenti, e siano essi giudici tra noi due. [38] Vent’anni ho passato con te: le tue pecore e le tue capre non hanno abortito e non ho mai mangiato i montoni del tuo gregge. [39] Nessuna bestia sbranata ti ho portato a mio discarico: io stesso ne compensavo il danno e tu reclamavi da me il risarcimento sia di quanto veniva rubato di giorno sia di quanto veniva rubato di notte. [40] Di giorno mi divorava il caldo e di notte il gelo, e il sonno fuggiva dai miei occhi. [41] Vent’anni sono stato in casa tua: ho servito quattordici anni per le tue due figlie e sei anni per il tuo gregge e tu hai cambiato il mio salario dieci volte. [42] Se il Dio di mio padre, il Dio di Abramo e il Terrore di Isacco non fosse stato con me, tu ora mi avresti licenziato a mani vuote; ma Dio ha visto la mia afflizione e la fatica delle mie mani e la scorsa notte egli ha fatto da arbitro».
Patto di pace tra Giacobbe e Labano – [43] Làbano allora rispose e disse a Giacobbe: «Queste figlie sono le mie figlie e questi figli sono i miei figli; questo bestiame è il mio bestiame e quanto tu vedi è mio. E che cosa potrei fare oggi a queste mie figlie o ai figli che hanno messo al mondo? [44] Ebbene, vieni, concludiamo un’alleanza, io e te, e ci sia un testimone tra me e te». [45] Giacobbe prese una pietra e la eresse come stele. [46] Poi disse ai suoi parenti: «Raccogliete pietre», e quelli presero pietre e ne fecero un mucchio; e su quel mucchio mangiarono. [47] Làbano lo chiamò Iegar-Saadutà, mentre Giacobbe lo chiamò Gal-Ed. [48] Làbano disse: «Questo mucchio è oggi un testimone tra me e te»; per questo lo chiamò Gal-Ed [49] e anche Mispa, perché disse: «Il Signore starà di vedetta tra me e te, quando noi non ci vedremo più l’un l’altro. [50] Se tu maltratterai le mie figlie e se prenderai altre mogli oltre le mie figlie, sappi che non un uomo è con noi, ma Dio è testimone tra me e te». [51] Soggiunse Làbano a Giacobbe: «Ecco questo mucchio ed ecco questa stele, che io ho eretto tra me e te. [52] Questo mucchio è testimone e questa stele è testimone che io giuro di non oltrepassare questo mucchio dalla tua parte e che tu giuri di non oltrepassare questo mucchio e questa stele dalla mia parte, per fare il male. [53] Il Dio di Abramo e il Dio di Nacor siano giudici tra di noi». Giacobbe giurò per il Terrore di Isacco suo padre. [54] Poi offrì un sacrificio sulle montagne e invitò i suoi parenti a prender cibo. Essi mangiarono e passarono la notte sulle montagne.

Capitolo 32

Ritorno di Giacobbe in Palestina – [1] Làbano si alzò di buon mattino, baciò i figli e le figlie e li benedisse. Poi partì e ritornò a casa.
[2] Mentre Giacobbe andava per la sua strada, gli si fecero incontro gli angeli di Dio. [3] Giacobbe al vederli disse: «Questo è l’accampamento di Dio», e chiamò quel luogo Macanàim.
[4] Poi Giacobbe mandò avanti a sé alcuni messaggeri al fratello Esaù, nella regione di Seir, la campagna di Edom. [5] Diede loro questo comando: «Direte al mio signore Esaù: “Dice il tuo servo Giacobbe: Sono restato come forestiero presso Làbano e vi sono rimasto fino ad ora. [6] Sono venuto in possesso di buoi, asini e greggi, di schiavi e schiave. Ho mandato a informarne il mio signore, per trovare grazia ai suoi occhi”». [7] I messaggeri tornarono da Giacobbe, dicendo: «Siamo stati da tuo fratello Esaù; ora egli stesso sta venendoti incontro e ha con sé quattrocento uomini». [8] Giacobbe si spaventò molto e si sentì angustiato; allora divise in due accampamenti la gente che era con lui, il gregge, gli armenti e i cammelli.[9] Pensava infatti: «Se Esaù raggiunge un accampamento e lo sconfigge, l’altro si salverà». [10] Giacobbe disse: «Dio del mio padre Abramo e Dio del mio padre Isacco, Signore, che mi hai detto: “Ritorna nella tua terra e tra la tua parentela, e io ti farò del bene”, [11] io sono indegno di tutta la bontà e di tutta la fedeltà che hai usato verso il tuo servo. Con il mio solo bastone avevo passato questo Giordano e ora sono arrivato al punto di formare due accampamenti. [12] Salvami dalla mano di mio fratello, dalla mano di Esaù, perché io ho paura di lui: che egli non arrivi e colpisca me e, senza riguardi, madri e bambini! [13] Eppure tu hai detto: “Ti farò del bene e renderò la tua discendenza tanto numerosa come la sabbia del mare, che non si può contare”». [14] Giacobbe rimase in quel luogo a passare la notte. Poi prese, da ciò che gli capitava tra mano, un dono per il fratello Esaù: [15] duecento capre e venti capri, duecento pecore e venti montoni, [16] trenta cammelle, che allattavano, con i loro piccoli, quaranta giovenche e dieci torelli, venti asine e dieci asinelli. [17] Egli affidò ai suoi servi i singoli branchi separatamente e disse loro: «Passate davanti a me e lasciate una certa distanza tra un branco e l’altro». [18] Diede quest’ordine al primo: «Quando ti incontrerà Esaù, mio fratello, e ti domanderà: “A chi appartieni? Dove vai? Di chi sono questi animali che ti camminano davanti?”, [19] tu risponderai: “Di tuo fratello Giacobbe; è un dono inviato al mio signore Esaù; ecco, egli stesso ci segue”». [20] Lo stesso ordine diede anche al secondo e anche al terzo e a quanti seguivano i branchi: «Queste parole voi rivolgerete ad Esaù quando lo incontrerete; [21] gli direte: “Anche il tuo servo Giacobbe ci segue”». Pensava infatti: «Lo placherò con il dono che mi precede e in seguito mi presenterò a lui; forse mi accoglierà con benevolenza». [22] Così il dono passò prima di lui, mentre egli trascorse quella notte nell’accampamento.
Misteriosa lotta di Giacobbe con un angelo – [23] Durante quella notte egli si alzò, prese le due mogli, le due schiave, i suoi undici bambini e passò il guado dello Iabbok. [24] Li prese, fece loro passare il torrente e portò di là anche tutti i suoi averi. [25] Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora. [26] Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui. [27] Quello disse: «Lasciami andare, perché è spuntata l’aurora». Giacobbe rispose: «Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!». [28] Gli domandò: «Come ti chiami?». Rispose: «Giacobbe». [29] Riprese: «Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!». [30] Giacobbe allora gli chiese: «Svelami il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il nome?». E qui lo benedisse. [31]Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuèl: «Davvero – disse – ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva». [32] Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuèl e zoppicava all’anca. [33] Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che è sopra l’articolazione del femore, perché quell’uomo aveva colpito l’articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico.

Capitolo 33

Giacobbe incontra Esaù e lo placa – [1] Giacobbe alzò gli occhi e vide arrivare Esaù, che aveva con sé quattrocento uomini. Allora distribuì i bambini tra Lia, Rachele e le due schiave; [2] alla testa mise le schiave con i loro bambini, più indietro Lia con i suoi bambini e più indietro Rachele e Giuseppe. [3] Egli passò davanti a loro e si prostrò sette volte fino a terra, mentre andava avvicinandosi al fratello. [4] Ma Esaù gli corse incontro, lo abbracciò, gli si gettò al collo, lo baciò e piansero. [5] Alzàti gli occhi, vide le donne e i bambini e domandò: «Chi sono questi con te?». Giacobbe rispose: «Sono i bambini che Dio si è compiaciuto di dare al tuo servo». [6] Allora si fecero avanti le schiave con i loro bambini e si prostrarono.[7] Si fecero avanti anche Lia e i suoi bambini e si prostrarono e infine si fecero avanti Giuseppe e Rachele e si prostrarono. [8] Domandò ancora: «Che cosa vuoi fare di tutta questa carovana che ho incontrato?». Rispose: «È per trovar grazia agli occhi del mio signore». [9] Esaù disse: «Ho beni in abbondanza, fratello mio, resti per te quello che è tuo!». [10] Ma Giacobbe disse: «No, ti prego, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, accetta dalla mia mano il mio dono, perché io sto alla tua presenza, come davanti a Dio, e tu mi hai gradito. [11] Accetta il dono augurale che ti è stato presentato, perché Dio mi ha favorito e sono provvisto di tutto!». Così egli insistette e quegli accettò.
[12] Esaù disse: «Partiamo e mettiamoci in viaggio: io camminerò davanti a te». [13] Gli rispose: «Il mio signore sa che i bambini sono delicati e che devo aver cura delle greggi e degli armenti che allattano: se si affaticassero anche un giorno solo, tutte le bestie morirebbero. [14] Il mio signore passi prima del suo servo, mentre io mi sposterò con mio agio, tenendo il passo di questo bestiame che mi precede e dei bambini, finché arriverò presso il mio signore in Seir». [15] Disse allora Esaù: «Almeno possa lasciare con te una parte della gente che ho con me!». Rispose: «Ma perché? Basta solo che io trovi grazia agli occhi del mio signore!». [16] Così quel giorno stesso Esaù ritornò per conto proprio in Seir.
Giacobbe a Succot e a Sichem – [17] Giacobbe invece partì per Succot, dove costruì una casa per sé e fece capanne per il gregge. Per questo chiamò quel luogo Succot.
[18] Giacobbe arrivò sano e salvo alla città di Sichem, che è nella terra di Canaan, al ritorno da Paddan-Aram e si accampò di fronte alla città. [19] Acquistò dai figli di Camor, padre di Sichem, per cento pezzi d’argento, quella porzione di campagna dove aveva piantato la tenda. [20] Qui eresse un altare e lo chiamò «El, Dio d’Israele».

Capitolo 34

Dina oltraggiata – [1] Dina, la figlia che Lia aveva partorito a Giacobbe, uscì a vedere le ragazze del posto. [2] Ma la notò Sichem, figlio di Camor l’Eveo, principe di quel territorio, la rapì e si coricò con lei facendole violenza. [3] Ma poi egli rimase legato a Dina, figlia di Giacobbe; s’innamorò della giovane e le rivolse parole di conforto. [4] Quindi disse a Camor, suo padre: «Prendimi in moglie questa ragazza». [5]Intanto Giacobbe aveva saputo che quello aveva disonorato sua figlia Dina, ma i suoi figli erano in campagna con il suo bestiame, e Giacobbe tacque fino al loro arrivo.
[6] Venne dunque Camor, padre di Sichem, da Giacobbe per parlare con lui. [7] Quando i figli di Giacobbe tornarono dalla campagna, sentito l’accaduto, ne furono addolorati e s’indignarono molto, perché quegli, coricandosi con la figlia di Giacobbe, aveva commesso un’infamia in Israele: così non si doveva fare!
[8] Camor disse loro: «Sichem, mio figlio, è innamorato della vostra figlia; vi prego, dategliela in moglie![9] Anzi, imparentatevi con noi: voi darete a noi le vostre figlie e vi prenderete per voi le nostre figlie. [10]Abiterete con noi e la terra sarà a vostra disposizione; potrete risiedervi, percorrerla in lungo e in largo e acquistare proprietà».
[11] Sichem disse al padre e ai fratelli di lei: «Possa io trovare grazia agli occhi vostri; vi darò quel che mi direte. [12] Alzate pure molto a mio carico il prezzo nuziale e il valore del dono; vi darò quanto mi chiederete, ma concedetemi la giovane in moglie!».
[13] Allora i figli di Giacobbe risposero a Sichem e a suo padre Camor e parlarono con inganno, poiché quegli aveva disonorato la loro sorella Dina. [14] Dissero loro: «Non possiamo fare questo, dare la nostra sorella a un uomo non circonciso, perché ciò sarebbe un disonore per noi. [15] Acconsentiremo alla vostra richiesta solo a questa condizione: diventare come noi, circoncidendo ogni vostro maschio. [16] In tal caso noi vi daremo le nostre figlie e ci prenderemo le vostre, abiteremo con voi e diventeremo un solo popolo.[17] Ma se voi non ci ascoltate a proposito della nostra circoncisione, prenderemo la nostra ragazza e ce ne andremo».
[18] Le loro parole piacquero a Camor e a Sichem, figlio di Camor. [19] Il giovane non indugiò a eseguire la cosa, perché amava la figlia di Giacobbe; d’altra parte era il più onorato di tutto il casato di suo padre.
Patto con i Sichemiti – [20] Vennero dunque Camor e il figlio Sichem alla porta della loro città e parlarono agli uomini della città: [21] «Questi uomini sono gente pacifica con noi: abitino pure con noi nel territorio e lo percorrano in lungo e in largo; esso è molto ampio per loro in ogni direzione. Noi potremo prendere in moglie le loro figlie e potremo dare loro le nostre. [22] Ma questi uomini a una condizione acconsentiranno ad abitare con noi, per diventare un unico popolo: se noi circoncidiamo ogni nostro maschio come loro stessi sono circoncisi. [23] I loro armenti, la loro ricchezza e tutto il loro bestiame non diverranno forse nostri? Accontentiamoli dunque, e possano abitare con noi!». [24] Quanti si radunavano alla porta della sua città ascoltarono Camor e il figlio Sichem: tutti i maschi, quanti si radunavano alla porta della città, si fecero circoncidere.
Vendetta di Simeone e Levi – [25] Ma il terzo giorno, quand’essi erano sofferenti, i due figli di Giacobbe, Simeone e Levi, i fratelli di Dina, presero ciascuno la propria spada, entrarono indisturbati nella città e uccisero tutti i maschi. [26] Passarono così a fil di spada Camor e suo figlio Sichem, portarono via Dina dalla casa di Sichem e si allontanarono. [27] I figli di Giacobbe si buttarono sui cadaveri e saccheggiarono la città, perché quelli avevano disonorato la loro sorella. [28] Presero le loro greggi e i loro armenti, i loro asini e quanto era nella città e nella campagna. [29] Portarono via come bottino tutte le loro ricchezze, tutti i loro bambini e le loro donne e saccheggiarono quanto era nelle case. [30] Allora Giacobbe disse a Simeone e a Levi: «Voi mi avete rovinato, rendendomi odioso agli abitanti della regione, ai Cananei e ai Perizziti. Io ho solo pochi uomini; se essi si raduneranno contro di me, mi vinceranno e io sarò annientato con la mia casa». [31] Risposero: «Si tratta forse la nostra sorella come una prostituta?».

Capitolo 35

Giacobbe va a Bet-El, ove ebbe la visione – [1] Dio disse a Giacobbe: «Àlzati, sali a Betel e abita là; costruisci in quel luogo un altare al Dio che ti è apparso quando fuggivi lontano da Esaù, tuo fratello». [2]Allora Giacobbe disse alla sua famiglia e a quanti erano con lui: «Eliminate gli dèi degli stranieri che avete con voi, purificatevi e cambiate gli abiti. [3] Poi alziamoci e saliamo a Betel, dove io costruirò un altare al Dio che mi ha esaudito al tempo della mia angoscia ed è stato con me nel cammino che ho percorso». [4]Essi consegnarono a Giacobbe tutti gli dèi degli stranieri che possedevano e i pendenti che avevano agli orecchi, e Giacobbe li sotterrò sotto la quercia presso Sichem.
[5] Poi partirono e un grande terrore assalì le città all’intorno, così che non inseguirono i figli di Giacobbe.[6] Giacobbe e tutta la gente che era con lui arrivarono a Luz, cioè Betel, che è nella terra di Canaan. [7]Qui egli costruì un altare e chiamò quel luogo El-Betel, perché là Dio gli si era rivelato, quando fuggiva lontano da suo fratello. [8] Allora morì Dèbora, la nutrice di Rebecca, e fu sepolta al di sotto di Betel, ai piedi della quercia. Così essa prese il nome di Quercia del Pianto.
Nuove apparizioni – [9] Dio apparve un’altra volta a Giacobbe durante il ritorno da Paddan-Aram e lo benedisse. [10] Dio gli disse:
«Il tuo nome è Giacobbe.
Ma non ti chiamerai più Giacobbe:
Israele sarà il tuo nome».
Così lo si chiamò Israele. [11] Dio gli disse:
«Io sono Dio l’Onnipotente.
Sii fecondo e diventa numeroso;
deriveranno da te una nazione
e un insieme di nazioni,
e re usciranno dai tuoi fianchi.
[12] Darò a te
la terra che ho concesso
ad Abramo e a Isacco
e, dopo di te,
la darò alla tua stirpe».
[13] Dio disparve da lui, dal luogo dove gli aveva parlato. [14] Allora Giacobbe eresse una stele dove gli aveva parlato, una stele di pietra, e su di essa fece una libagione e versò olio. [15] Giacobbe chiamò Betel il luogo dove Dio gli aveva parlato.
Nascita di Beniamino e morte di Rachele – [16] Quindi partirono da Betel. Mancava ancora un tratto di cammino per arrivare a Èfrata, quando Rachele partorì ed ebbe un parto difficile. [17] Mentre penava a partorire, la levatrice le disse: «Non temere: anche questa volta avrai un figlio!». [18] Ormai moribonda, quando stava per esalare l’ultimo respiro, lei lo chiamò Ben-Onì, ma suo padre lo chiamò Beniamino. [19]Così Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso Èfrata, cioè Betlemme. [20] Giacobbe eresse sulla sua tomba una stele. È la stele della tomba di Rachele, che esiste ancora oggi.
Peccato di Ruben – [21] Poi Israele partì e piantò la tenda al di là di Migdal-Eder. [22] Mentre Israele abitava in quel territorio, Ruben andò a unirsi con Bila, concubina del padre, e Israele lo venne a sapere.
I dodici figli di Giacobbe – I figli di Giacobbe furono dodici. [23] Figli di Lia: Ruben, il primogenito di Giacobbe, poi Simeone, Levi, Giuda, Ìssacar e Zàbulon; [24] figli di Rachele: Giuseppe e Beniamino; [25]figli di Bila, schiava di Rachele: Dan e Nèftali; [26] figli di Zilpa, schiava di Lia: Gad e Aser. Questi sono i figli di Giacobbe, che gli nacquero in Paddan-Aram.
Morte di Isacco – [27] Giacobbe venne da suo padre Isacco a Mamre, a Kiriat-Arbà, cioè Ebron, dove Abramo e Isacco avevano soggiornato come forestieri. [28] Isacco raggiunse l’età di centoottant’anni. [29]Poi Isacco spirò, morì e si riunì ai suoi antenati, vecchio e sazio di giorni. Lo seppellirono i suoi figli Esaù e Giacobbe.

Capitolo 36

I figli avuti da Esaù in Canaan – [1] Questa è la discendenza di Esaù, cioè Edom.
[2] Esaù prese le sue mogli tra le figlie dei Cananei: Ada, figlia di Elon, l’Ittita; Oolibamà, figlia di Anà, figlio di Sibeon, l’Urrita; [3] Basmat, figlia di Ismaele, sorella di Nebaiòt. [4] Ada partorì a Esaù Elifaz, Basmat partorì Reuèl, [5] Oolibamà partorì Ieus, Ialam e Core. Questi sono i figli di Esaù, che gli nacquero nella terra di Canaan.
Esaù emigra in Seir – [6] Poi Esaù prese con sé le mogli, i figli e le figlie e tutte le persone della sua casa, il suo gregge e tutto il suo bestiame e tutti i suoi beni che aveva acquistati nella terra di Canaan e andò in una regione lontano dal fratello Giacobbe. [7] Infatti i loro possedimenti erano troppo grandi perché essi potessero abitare insieme, e il territorio dove soggiornavano come forestieri non bastava a sostenerli a causa del loro bestiame. [8] Così Esaù si stabilì sulle montagne di Seir. Esaù è Edom.
Discendenti di Esaù in Seir – [9] Questa è la discendenza di Esaù, padre degli Edomiti, nelle montagne di Seir. [10] Questi sono i nomi dei figli di Esaù: Elifaz, figlio di Ada, moglie di Esaù; Reuèl, figlio di Basmat, moglie di Esaù. [11] I figli di Elifaz furono: Teman, Omar, Sefò, Gatam, Kenaz. [12] Timna era concubina di Elifaz, figlio di Esaù, e gli generò Amalèk. Questi sono i figli di Ada, moglie di Esaù. [13]Questi sono i figli di Reuèl: Nacat e Zerach, Sammà e Mizzà. Questi furono i figli di Basmat, moglie di Esaù. [14] Questi furono i figli di Oolibamà, moglie di Esaù, figlia di Anà, figlio di Sibeon; ella partorì a Esaù Ieus, Ialam e Core.
I capi degli Edomiti – [15] Questi sono i capi dei figli di Esaù: i figli di Elifaz primogenito di Esaù: il capo di Teman, il capo di Omar, il capo di Sefò, il capo di Kenaz, [16] il capo di Core, il capo di Gatam, il capo di Amalèk. Questi sono i capi di Elifaz nel territorio di Edom: questi sono i figli di Ada.
[17] Questi sono i figli di Reuèl, figlio di Esaù: il capo di Nacat, il capo di Zerach, il capo di Sammà, il capo di Mizzà. Questi sono i capi di Reuèl nel territorio di Edom; questi sono i figli di Basmat, moglie di Esaù.
[18] Questi sono i figli di Oolibamà, moglie di Esaù: il capo di Ieus, il capo di Ialam, il capo di Core. Questi sono i capi di Oolibamà, figlia di Anà, moglie di Esaù.
[19] Questi sono i figli di Esaù e questi i loro capi. Questo è il popolo degli Edomiti.
Discendenti di Seir, abitanti della regione – [20] Questi sono i figli di Seir l’Urrita, che abitano la regione: Lotan, Sobal, Sibeon, Anà, [21] Dison, Eser e Disan. Questi sono i capi degli Urriti, figli di Seir, nel territorio di Edom. [22] I figli di Lotan furono Orì e Emam e la sorella di Lotan era Timna. [23] I figli di Sobal sono Alvan, Manàcat, Ebal, Sefò e Onam. [24] I figli di Sibeon sono Aià e Anà; fu proprio Anà che trovò le sorgenti calde nel deserto, mentre pascolava gli asini del padre Sibeon. [25] I figli di Anà sono Dison e Oolibamà. [26] I figli di Dison sono Chemdan, Esban, Itran e Cheran. [27] I figli di Eser sono Bilan, Zaavan e Akan. [28] I figli di Disan sono Us e Aran. [29] Questi sono i capi degli Urriti: il capo di Lotan, il capo di Sobal, il capo di Sibeon, il capo di Anà, [30] il capo di Dison, il capo di Eser, il capo di Disan. Questi sono i capi degli Urriti, secondo le loro tribù nella regione di Seir.
Re e capi discendenti di Edom – [31] Questi sono i re che regnarono nel territorio di Edom, prima che regnasse un re sugli Israeliti. [32] Regnò dunque in Edom Bela, figlio di Beor, e la sua città si chiamava Dinaba. [33] Bela morì e al suo posto regnò Iobab, figlio di Zerach, da Bosra. [34] Iobab morì e al suo posto regnò Cusam, del territorio dei Temaniti. [35] Cusam morì e al suo posto regnò Adad, figlio di Bedad, colui che vinse i Madianiti nelle steppe di Moab; la sua città si chiamava Avìt. [36] Adad morì e al suo posto regnò Samla da Masrekà. [37] Samla morì e al suo posto regnò Saul da Recobòt-Naar. [38] Saul morì e al suo posto regnò Baal-Canan, figlio di Acbor. [39] Baal-Canan, figlio di Acbor, morì e al suo posto regnò Adar: la sua città si chiama Pau e la moglie si chiamava Meetabèl, figlia di Matred, figlia di Me-Zaab.
[40] Questi sono i nomi dei capi di Esaù, secondo le loro famiglie, le loro località, con i loro nomi: il capo di Timna, il capo di Alva, il capo di Ietet, [41] il capo di Oolibamà, il capo di Ela, il capo di Pinon, [42] il capo di Kenaz, il capo di Teman, il capo di Mibsar, [43] il capo di Magdièl, il capo di Iram. Questi sono i capi di Edom secondo le loro sedi nel territorio di loro proprietà.
È questi, Esaù, il padre degli Edomiti.

Capitolo 37

Giuseppe e i suoi sogni – [1] Giacobbe si stabilì nella terra dove suo padre era stato forestiero, nella terra di Canaan.
[2] Questa è la discendenza di Giacobbe.
Giuseppe all’età di diciassette anni pascolava il gregge con i suoi fratelli. Essendo ancora giovane, stava con i figli di Bila e i figli di Zilpa, mogli di suo padre. Ora Giuseppe riferì al padre di chiacchiere maligne su di loro. [3] Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia, e gli aveva fatto una tunica con maniche lunghe. [4] I suoi fratelli, vedendo che il loro padre amava lui più di tutti i suoi figli, lo odiavano e non riuscivano a parlargli amichevolmente.
[5] Ora Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai fratelli, che lo odiarono ancora di più. [6] Disse dunque loro: «Ascoltate il sogno che ho fatto. [7] Noi stavamo legando covoni in mezzo alla campagna, quand’ecco il mio covone si alzò e restò diritto e i vostri covoni si posero attorno e si prostrarono davanti al mio». [8]Gli dissero i suoi fratelli: «Vuoi forse regnare su di noi o ci vuoi dominare?». Lo odiarono ancora di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole. [9] Egli fece ancora un altro sogno e lo narrò ai fratelli e disse: «Ho fatto ancora un sogno, sentite: il sole, la luna e undici stelle si prostravano davanti a me». [10] Lo narrò dunque al padre e ai fratelli. Ma il padre lo rimproverò e gli disse: «Che sogno è questo che hai fatto! Dovremo forse venire io, tua madre e i tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te?».
[11] I suoi fratelli perciò divennero invidiosi di lui, mentre il padre tenne per sé la cosa.
Giacobbe manda Giuseppe dai fratelli – [12] I suoi fratelli erano andati a pascolare il gregge del loro padre a Sichem. [13] Israele disse a Giuseppe: «Sai che i tuoi fratelli sono al pascolo a Sichem? Vieni, ti voglio mandare da loro». Gli rispose: «Eccomi!». [14] Gli disse: «Va’ a vedere come stanno i tuoi fratelli e come sta il bestiame, poi torna a darmi notizie». Lo fece dunque partire dalla valle di Ebron ed egli arrivò a Sichem. [15] Mentre egli si aggirava per la campagna, lo trovò un uomo, che gli domandò: «Che cosa cerchi?». [16] Rispose: «Sono in cerca dei miei fratelli. Indicami dove si trovano a pascolare». [17]Quell’uomo disse: «Hanno tolto le tende di qui; li ho sentiti dire: “Andiamo a Dotan!”». Allora Giuseppe ripartì in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan.
[18] Essi lo videro da lontano e, prima che giungesse vicino a loro, complottarono contro di lui per farlo morire. [19] Si dissero l’un l’altro: «Eccolo! È arrivato il signore dei sogni! [20] Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in una cisterna! Poi diremo: “Una bestia feroce l’ha divorato!”. Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!». [21] Ma Ruben sentì e, volendo salvarlo dalle loro mani, disse: «Non togliamogli la vita». [22]Poi disse loro: «Non spargete il sangue, gettatelo in questa cisterna che è nel deserto, ma non colpitelo con la vostra mano»: egli intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre. [23] Quando Giuseppe fu arrivato presso i suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua tunica, quella tunica con le maniche lunghe che egli indossava, [24] lo afferrarono e lo gettarono nella cisterna: era una cisterna vuota, senz’acqua.
Giuseppe vendutao dai suoi fratelli – [25] Poi sedettero per prendere cibo. Quand’ecco, alzando gli occhi, videro arrivare una carovana di Ismaeliti provenienti da Gàlaad, con i cammelli carichi di resina, balsamo e làudano, che andavano a portare in Egitto. [26] Allora Giuda disse ai fratelli: «Che guadagno c’è a uccidere il nostro fratello e a coprire il suo sangue? [27] Su, vendiamolo agli Ismaeliti e la nostra mano non sia contro di lui, perché è nostro fratello e nostra carne». I suoi fratelli gli diedero ascolto. [28]Passarono alcuni mercanti madianiti; essi tirarono su ed estrassero Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d’argento vendettero Giuseppe agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto.
[29] Quando Ruben tornò alla cisterna, ecco, Giuseppe non c’era più. Allora si stracciò le vesti, [30] tornò dai suoi fratelli e disse: «Il ragazzo non c’è più; e io, dove andrò?». [31] Allora presero la tunica di Giuseppe, sgozzarono un capro e intinsero la tunica nel sangue. [32] Poi mandarono al padre la tunica con le maniche lunghe e gliela fecero pervenire con queste parole: «Abbiamo trovato questa; per favore, verifica se è la tunica di tuo figlio o no». [33] Egli la riconobbe e disse: «È la tunica di mio figlio! Una bestia feroce l’ha divorato. Giuseppe è stato sbranato». [34] Giacobbe si stracciò le vesti, si pose una tela di sacco attorno ai fianchi e fece lutto sul suo figlio per molti giorni. [35] Tutti i figli e le figlie vennero a consolarlo, ma egli non volle essere consolato dicendo: «No, io scenderò in lutto da mio figlio negli inferi». E il padre suo lo pianse.
[36] Intanto i Madianiti lo vendettero in Egitto a Potifàr, eunuco del faraone e comandante delle guardie.

Capitolo 38

I figli di Giuda – [1] In quel tempo Giuda si separò dai suoi fratelli e si stabilì presso un uomo di Adullàm, di nome Chira. [2] Qui Giuda notò la figlia di un Cananeo chiamato Sua, la prese in moglie e si unì a lei. [3] Ella concepì e partorì un figlio e lo chiamò Er. [4] Concepì ancora e partorì un figlio e lo chiamò Onan. [5] Ancora un’altra volta partorì un figlio e lo chiamò Sela. Egli si trovava a Chezìb, quando lei lo partorì.
[6] Giuda scelse per il suo primogenito Er una moglie, che si chiamava Tamar. [7] Ma Er, primogenito di Giuda, si rese odioso agli occhi del Signore, e il Signore lo fece morire. [8] Allora Giuda disse a Onan: «Va’ con la moglie di tuo fratello, compi verso di lei il dovere di cognato e assicura così una posterità a tuo fratello». [9] Ma Onan sapeva che la prole non sarebbe stata considerata come sua; ogni volta che si univa alla moglie del fratello, disperdeva il seme per terra, per non dare un discendente al fratello. [10] Ciò che egli faceva era male agli occhi del Signore, il quale fece morire anche lui. [11] Allora Giuda disse alla nuora Tamar: «Ritorna a casa da tuo padre, come vedova, fin quando il mio figlio Sela sarà cresciuto». Perché pensava: «Che non muoia anche questo come i suoi fratelli!». Così Tamar se ne andò e ritornò alla casa di suo padre.
Giuda e Tamar – [12] Trascorsero molti giorni, e morì la figlia di Sua, moglie di Giuda. Quando Giuda ebbe finito il lutto, si recò a Timna da quelli che tosavano il suo gregge e con lui c’era Chira, il suo amico di Adullàm. [13] La notizia fu data a Tamar: «Ecco, tuo suocero va a Timna per la tosatura del suo gregge».[14] Allora Tamar si tolse gli abiti vedovili, si coprì con il velo e se lo avvolse intorno, poi si pose a sedere all’ingresso di Enàim, che è sulla strada per Timna. Aveva visto infatti che Sela era ormai cresciuto, ma lei non gli era stata data in moglie. [15] Quando Giuda la vide, la prese per una prostituta, perché essa si era coperta la faccia. [16] Egli si diresse su quella strada verso di lei e disse: «Lascia che io venga con te!». Non sapeva infatti che era sua nuora. Ella disse: «Che cosa mi darai per venire con me?». [17] Rispose: «Io ti manderò un capretto del gregge». Ella riprese: «Mi lasci qualcosa in pegno fin quando non me lo avrai mandato?». [18] Egli domandò: «Qual è il pegno che devo dare?». Rispose: «Il tuo sigillo, il tuo cordone e il bastone che hai in mano». Allora Giuda glieli diede e si unì a lei. Ella rimase incinta. [19] Poi si alzò e se ne andò; si tolse il velo e riprese gli abiti vedovili. [20] Giuda mandò il capretto per mezzo del suo amico di Adullàm, per riprendere il pegno dalle mani di quella donna, ma quello non la trovò. [21] Domandò agli uomini di quel luogo: «Dov’è quella prostituta che stava a Enàim, sulla strada?». Ma risposero: «Qui non c’è stata alcuna prostituta». [22] Così tornò da Giuda e disse: «Non l’ho trovata; anche gli uomini di quel luogo dicevano: “Qui non c’è stata alcuna prostituta”». [23] Allora Giuda disse: «Si tenga quello che ha! Altrimenti ci esponiamo agli scherni. Ecco: le ho mandato questo capretto, ma tu non l’hai trovata».
[24] Circa tre mesi dopo, fu portata a Giuda questa notizia: «Tamar, tua nuora, si è prostituita e anzi è incinta a causa delle sue prostituzioni». Giuda disse: «Conducetela fuori e sia bruciata!». [25] Mentre veniva condotta fuori, ella mandò a dire al suocero: «Io sono incinta dell’uomo a cui appartengono questi oggetti». E aggiunse: «Per favore, verifica di chi siano questo sigillo, questi cordoni e questo bastone». [26]Giuda li riconobbe e disse: «Lei è più giusta di me: infatti, io non l’ho data a mio figlio Sela». E non ebbe più rapporti con lei.
[27] Quando giunse per lei il momento di partorire, ecco, aveva nel grembo due gemelli. [28] Durante il parto, uno di loro mise fuori una mano e la levatrice prese un filo scarlatto e lo legò attorno a quella mano, dicendo: «Questi è uscito per primo». [29] Ma poi questi ritirò la mano, ed ecco venne alla luce suo fratello. Allora ella esclamò: «Come ti sei aperto una breccia?» e fu chiamato Peres. [30] Poi uscì suo fratello, che aveva il filo scarlatto alla mano, e fu chiamato Zerach.

Capitolo 39

Giuseppe in Egitto in casa di Putifàr – [1] Giuseppe era stato portato in Egitto, e Potifàr, eunuco del faraone e comandante delle guardie, un Egiziano, lo acquistò da quegli Ismaeliti che l’avevano condotto laggiù. [2] Il Signore fu con Giuseppe: a lui tutto riusciva bene e rimase nella casa dell’Egiziano, suo padrone. [3] Il suo padrone si accorse che il Signore era con lui e che il Signore faceva riuscire per mano sua quanto egli intraprendeva. [4] Così Giuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne suo servitore personale; anzi, quello lo nominò suo maggiordomo e gli diede in mano tutti i suoi averi. [5] Da quando egli lo aveva fatto suo maggiordomo e incaricato di tutti i suoi averi, il Signore benedisse la casa dell’Egiziano grazie a Giuseppe e la benedizione del Signore fu su quanto aveva, sia in casa sia nella campagna. [6] Così egli lasciò tutti i suoi averi nelle mani di Giuseppe e non si occupava più di nulla, se non del cibo che mangiava. Ora Giuseppe era bello di forma e attraente di aspetto.
La padrona lo tenta, e perchè respinta, lo accusa – [7] Dopo questi fatti, la moglie del padrone mise gli occhi su Giuseppe e gli disse: «Còricati con me!». [8] Ma egli rifiutò e disse alla moglie del suo padrone: «Vedi, il mio signore non mi domanda conto di quanto è nella sua casa e mi ha dato in mano tutti i suoi averi. [9] Lui stesso non conta più di me in questa casa; non mi ha proibito nient’altro, se non te, perché sei sua moglie. Come dunque potrei fare questo grande male e peccare contro Dio?». [10] E benché giorno dopo giorno ella parlasse a Giuseppe in tal senso, egli non accettò di coricarsi insieme per unirsi a lei.
[11] Un giorno egli entrò in casa per fare il suo lavoro, mentre non c’era alcuno dei domestici. [12] Ella lo afferrò per la veste, dicendo: «Còricati con me!». Ma egli le lasciò tra le mani la veste, fuggì e se ne andò fuori. [13] Allora lei, vedendo che egli le aveva lasciato tra le mani la veste ed era fuggito fuori, [14] chiamò i suoi domestici e disse loro: «Guardate, ci ha condotto in casa un Ebreo per divertirsi con noi! Mi si è accostato per coricarsi con me, ma io ho gridato a gran voce. [15] Egli, appena ha sentito che alzavo la voce e chiamavo, ha lasciato la veste accanto a me, è fuggito e se ne è andato fuori».
[16] Ed ella pose accanto a sé la veste di lui finché il padrone venne a casa. [17] Allora gli disse le stesse cose: «Quel servo ebreo, che tu ci hai condotto in casa, mi si è accostato per divertirsi con me. [18] Ma appena io ho gridato e ho chiamato, ha abbandonato la veste presso di me ed è fuggito fuori».
Giuseppe calunniato è messo in carcere – [19] Il padrone, all’udire le parole che sua moglie gli ripeteva: «Proprio così mi ha fatto il tuo servo!», si accese d’ira. [20] Il padrone prese Giuseppe e lo mise nella prigione, dove erano detenuti i carcerati del re.
Così egli rimase là in prigione. [21] Ma il Signore fu con Giuseppe, gli accordò benevolenza e gli fece trovare grazia agli occhi del comandante della prigione. [22] Così il comandante della prigione affidò a Giuseppe tutti i carcerati che erano nella prigione, e quanto c’era da fare là dentro lo faceva lui. [23] Il comandante della prigione non si prendeva più cura di nulla di quanto era affidato a Giuseppe, perché il Signore era con lui e il Signore dava successo a tutto quanto egli faceva.

Capitolo 40

Giuseppe spiega i sogni del coppiere e del panettiere di Faraone – [1] Dopo questi fatti il coppiere del re d’Egitto e il panettiere offesero il loro padrone, il re d’Egitto. [2] Il faraone si adirò contro i suoi due eunuchi, il capo dei coppieri e il capo dei panettieri, [3] e li fece mettere in custodia nella casa del comandante delle guardie, nella prigione dove Giuseppe era detenuto. [4] Il comandante delle guardie assegnò loro Giuseppe, perché li accudisse. Così essi restarono nel carcere per un certo tempo.
[5] Ora, in una medesima notte, il coppiere e il panettiere del re d’Egitto, detenuti nella prigione, ebbero tutti e due un sogno, ciascuno il suo sogno, con un proprio significato. [6] Alla mattina Giuseppe venne da loro e li vide abbattuti. [7] Allora interrogò gli eunuchi del faraone che erano con lui in carcere nella casa del suo padrone, e disse: «Perché oggi avete la faccia così triste?». [8] Gli risposero: «Abbiamo fatto un sogno e non c’è chi lo interpreti». Giuseppe replicò loro: «Non è forse Dio che ha in suo potere le interpretazioni? Raccontatemi dunque».
[9] Allora il capo dei coppieri raccontò il suo sogno a Giuseppe e gli disse: «Nel mio sogno, ecco mi stava davanti una vite, [10] sulla quale vi erano tre tralci; non appena cominciò a germogliare, apparvero i fiori e i suoi grappoli maturarono gli acini. [11] Io tenevo in mano il calice del faraone; presi gli acini, li spremetti nella coppa del faraone, poi diedi la coppa in mano al faraone».
[12] Giuseppe gli disse: «Eccone l’interpretazione: i tre tralci rappresentano tre giorni. [13] Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti reintegrerà nella tua carica e tu porgerai il calice al faraone, secondo la consuetudine di prima, quando eri il suo coppiere. [14] Se poi, nella tua fortuna, volessi ricordarti che sono stato con te, trattami, ti prego, con bontà: ricordami al faraone per farmi uscire da questa casa. [15] Perché io sono stato portato via ingiustamente dalla terra degli Ebrei e anche qui non ho fatto nulla perché mi mettessero in questo sotterraneo».
[16] Allora il capo dei panettieri, vedendo che l’interpretazione era favorevole, disse a Giuseppe: «Quanto a me, nel mio sogno tenevo sul capo tre canestri di pane bianco [17] e nel canestro che stava di sopra c’era ogni sorta di cibi per il faraone, quali si preparano dai panettieri. Ma gli uccelli li mangiavano dal canestro che avevo sulla testa».
[18] Giuseppe rispose e disse: «Questa è l’interpretazione: i tre canestri rappresentano tre giorni. [19] Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti impiccherà a un palo e gli uccelli ti mangeranno la carne addosso».
[20] Appunto al terzo giorno, che era il giorno natalizio del faraone, questi fece un banchetto per tutti i suoi ministri e allora sollevò la testa del capo dei coppieri e la testa del capo dei panettieri in mezzo ai suoi ministri. [21] Reintegrò il capo dei coppieri nel suo ufficio di coppiere, perché porgesse la coppa al faraone;[22] invece impiccò il capo dei panettieri, secondo l’interpretazione che Giuseppe aveva loro data. [23] Ma il capo dei coppieri non si ricordò di Giuseppe e lo dimenticò.

Capitolo 41

I sogni di Faraone – [1] Due anni dopo, il faraone sognò di trovarsi presso il Nilo. [2] Ed ecco, salirono dal Nilo sette vacche, belle di aspetto e grasse, e si misero a pascolare tra i giunchi. [3] Ed ecco, dopo quelle, salirono dal Nilo altre sette vacche, brutte di aspetto e magre, e si fermarono accanto alle prime vacche sulla riva del Nilo. [4] Le vacche brutte di aspetto e magre divorarono le sette vacche belle di aspetto e grasse. E il faraone si svegliò. [5] Poi si addormentò e sognò una seconda volta: ecco, sette spighe spuntavano da un unico stelo, grosse e belle. [6] Ma, dopo quelle, ecco spuntare altre sette spighe vuote e arse dal vento d’oriente. [7] Le spighe vuote inghiottirono le sette spighe grosse e piene. Il faraone si svegliò: era stato un sogno.
[8] Alla mattina il suo spirito ne era turbato, perciò convocò tutti gli indovini e tutti i saggi dell’Egitto. Il faraone raccontò loro il sogno, ma nessuno sapeva interpretarlo al faraone.
[9] Allora il capo dei coppieri parlò al faraone: «Io devo ricordare oggi le mie colpe. [10] Il faraone si era adirato contro i suoi servi e li aveva messi in carcere nella casa del capo delle guardie, sia me sia il capo dei panettieri. [11] Noi facemmo un sogno nella stessa notte, io e lui; ma avemmo ciascuno un sogno con un proprio significato. [12] C’era là con noi un giovane ebreo, schiavo del capo delle guardie; noi gli raccontammo i nostri sogni ed egli ce li interpretò, dando a ciascuno l’interpretazione del suo sogno. [13] E come egli ci aveva interpretato, così avvenne: io fui reintegrato nella mia carica e l’altro fu impiccato».
Giuseppe spiega i sogni di Faraone – [14] Allora il faraone convocò Giuseppe. Lo fecero uscire in fretta dal sotterraneo; egli si rase, si cambiò gli abiti e si presentò al faraone. [15] Il faraone disse a Giuseppe: «Ho fatto un sogno e nessuno sa interpretarlo; ora io ho sentito dire di te che ti basta ascoltare un sogno per interpretarlo subito». [16] Giuseppe rispose al faraone: «Non io, ma Dio darà la risposta per la salute del faraone!».
[17] Allora il faraone raccontò a Giuseppe: «Nel mio sogno io mi trovavo sulla riva del Nilo. [18] Ed ecco, salirono dal Nilo sette vacche grasse e belle di forma e si misero a pascolare tra i giunchi. [19] E, dopo quelle, ecco salire altre sette vacche deboli, molto brutte di forma e magre; non ne vidi mai di così brutte in tutta la terra d’Egitto. [20] Le vacche magre e brutte divorarono le prime sette vacche, quelle grasse. [21]Queste entrarono nel loro ventre, ma non ci si accorgeva che vi fossero entrate, perché il loro aspetto era brutto come prima. E mi svegliai. [22] Poi vidi nel sogno spuntare da un unico stelo sette spighe, piene e belle. [23] Ma ecco, dopo quelle, spuntavano sette spighe secche, vuote e arse dal vento d’oriente. [24] Le spighe vuote inghiottirono le sette spighe belle. Ho riferito il sogno agli indovini, ma nessuno sa darmene la spiegazione».
[25] Allora Giuseppe disse al faraone: «Il sogno del faraone è uno solo: Dio ha indicato al faraone quello che sta per fare. [26] Le sette vacche belle rappresentano sette anni e le sette spighe belle rappresentano sette anni: si tratta di un unico sogno. [27] Le sette vacche magre e brutte, che salgono dopo quelle, rappresentano sette anni e le sette spighe vuote, arse dal vento d’oriente, rappresentano sette anni: verranno sette anni di carestia. [28] È appunto quel che ho detto al faraone: Dio ha manifestato al faraone quanto sta per fare. [29] Ecco, stanno per venire sette anni in cui ci sarà grande abbondanza in tutta la terra d’Egitto. [30] A questi succederanno sette anni di carestia; si dimenticherà tutta quell’abbondanza nella terra d’Egitto e la carestia consumerà la terra. [31] Non vi sarà più alcuna traccia dell’abbondanza che vi era stata nella terra, a causa della carestia successiva, perché sarà molto dura. [32] Quanto al fatto che il sogno del faraone si è ripetuto due volte, significa che la cosa è decisa da Dio e che Dio si affretta a eseguirla.
[33] Il faraone pensi a trovare un uomo intelligente e saggio e lo metta a capo della terra d’Egitto. [34] Il faraone inoltre proceda a istituire commissari sul territorio, per prelevare un quinto sui prodotti della terra d’Egitto durante i sette anni di abbondanza. [35] Essi raccoglieranno tutti i viveri di queste annate buone che stanno per venire, ammasseranno il grano sotto l’autorità del faraone e lo terranno in deposito nelle città. [36] Questi viveri serviranno di riserva al paese per i sette anni di carestia che verranno nella terra d’Egitto; così il paese non sarà distrutto dalla carestia».
Giuseppe viene creato vicerè d’Egitto – [37] La proposta piacque al faraone e a tutti i suoi ministri.[38] Il faraone disse ai ministri: «Potremo trovare un uomo come questo, in cui sia lo spirito di Dio?». [39]E il faraone disse a Giuseppe: «Dal momento che Dio ti ha manifestato tutto questo, non c’è nessuno intelligente e saggio come te. [40] Tu stesso sarai il mio governatore e ai tuoi ordini si schiererà tutto il mio popolo: solo per il trono io sarò più grande di te».
[41] Il faraone disse a Giuseppe: «Ecco, io ti metto a capo di tutta la terra d’Egitto». [42] Il faraone si tolse di mano l’anello e lo pose sulla mano di Giuseppe; lo rivestì di abiti di lino finissimo e gli pose al collo un monile d’oro. [43] Lo fece salire sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava: «Abrech». E così lo si stabilì su tutta la terra d’Egitto. [44] Poi il faraone disse a Giuseppe: «Io sono il faraone, ma senza il tuo permesso nessuno potrà alzare la mano o il piede in tutta la terra d’Egitto». [45] E il faraone chiamò Giuseppe Safnat-Panèach e gli diede in moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliòpoli. Giuseppe partì per visitare l’Egitto.
I sogni di Giuseppe si avverano – [46] Giuseppe aveva trent’anni quando entrò al servizio del faraone, re d’Egitto.
Quindi Giuseppe si allontanò dal faraone e percorse tutta la terra d’Egitto. [47] Durante i sette anni di abbondanza la terra produsse a profusione. [48] Egli raccolse tutti i viveri dei sette anni di abbondanza che vennero nella terra d’Egitto, e ripose i viveri nelle città: in ogni città i viveri della campagna circostante.[49] Giuseppe ammassò il grano come la sabbia del mare, in grandissima quantità, così che non se ne fece più il computo, perché era incalcolabile.
Figli di Giuseppe – [50] Intanto, prima che venisse l’anno della carestia, nacquero a Giuseppe due figli, partoriti a lui da Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliòpoli. [51] Giuseppe chiamò il primogenito Manasse, «perché – disse – Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa di mio padre». [52] E il secondo lo chiamò Èfraim, «perché – disse – Dio mi ha reso fecondo nella terra della mia afflizione».
[53] Finirono i sette anni di abbondanza nella terra d’Egitto [54] e cominciarono i sette anni di carestia, come aveva detto Giuseppe. Ci fu carestia in ogni paese, ma in tutta la terra d’Egitto c’era il pane. [55] Poi anche tutta la terra d’Egitto cominciò a sentire la fame e il popolo gridò al faraone per avere il pane. Il faraone disse a tutti gli Egiziani: «Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà». [56] La carestia imperversava su tutta la terra. Allora Giuseppe aprì tutti i depositi in cui vi era grano e lo vendette agli Egiziani. La carestia si aggravava in Egitto, [57] ma da ogni paese venivano in Egitto per acquistare grano da Giuseppe, perché la carestia infieriva su tutta la terra.

Capitolo 42

Prima venuta dei figli di Giacobbe in Egitto – [1] Giacobbe venne a sapere che in Egitto c’era grano; perciò disse ai figli: «Perché state a guardarvi l’un l’altro?». [2] E continuò: «Ecco, ho sentito dire che vi è grano in Egitto. Andate laggiù a comprarne per noi, perché viviamo e non moriamo». [3] Allora i dieci fratelli di Giuseppe scesero per acquistare il frumento dall’Egitto. [4] Quanto a Beniamino, fratello di Giuseppe, Giacobbe non lo lasciò partire con i fratelli, perché diceva: «Che non gli debba succedere qualche disgrazia!». [5] Arrivarono dunque i figli d’Israele per acquistare il grano, in mezzo ad altri che pure erano venuti, perché nella terra di Canaan c’era la carestia.
[6] Giuseppe aveva autorità su quella terra e vendeva il grano a tutta la sua popolazione. Perciò i fratelli di Giuseppe vennero da lui e gli si prostrarono davanti con la faccia a terra. [7] Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe, ma fece l’estraneo verso di loro, parlò duramente e disse: «Da dove venite?». Risposero: «Dalla terra di Canaan, per comprare viveri».
Giuseppe mmette alla prova i suoi fratelli – [8] Giuseppe riconobbe dunque i fratelli, mentre essi non lo riconobbero. [9] Allora Giuseppe si ricordò dei sogni che aveva avuto a loro riguardo e disse loro: «Voi siete spie! Voi siete venuti per vedere i punti indifesi del territorio!». [10] Gli risposero: «No, mio signore; i tuoi servi sono venuti per acquistare viveri. [11] Noi siamo tutti figli di un solo uomo. Noi siamo sinceri. I tuoi servi non sono spie!». [12] Ma egli insistette: «No, voi siete venuti per vedere i punti indifesi del territorio!». [13] Allora essi dissero: «Dodici sono i tuoi servi; siamo fratelli, figli di un solo uomo, che abita nella terra di Canaan; ora il più giovane è presso nostro padre e uno non c’è più». [14] Giuseppe disse loro: «Le cose stanno come vi ho detto: voi siete spie! [15] In questo modo sarete messi alla prova: per la vita del faraone, voi non uscirete di qui se non quando vi avrà raggiunto il vostro fratello più giovane. [16]Mandate uno di voi a prendere il vostro fratello; voi rimarrete prigionieri. Saranno così messe alla prova le vostre parole, per sapere se la verità è dalla vostra parte. Se no, per la vita del faraone, voi siete spie!». [17]E li tenne in carcere per tre giorni.
[18] Il terzo giorno Giuseppe disse loro: «Fate questo e avrete salva la vita; io temo Dio! [19] Se voi siete sinceri, uno di voi fratelli resti prigioniero nel vostro carcere e voi andate a portare il grano per la fame delle vostre case. [20] Poi mi condurrete qui il vostro fratello più giovane. Così le vostre parole si dimostreranno vere e non morirete». Essi annuirono. [21] Si dissero allora l’un l’altro: «Certo su di noi grava la colpa nei riguardi di nostro fratello, perché abbiamo visto con quale angoscia ci supplicava e non lo abbiamo ascoltato. Per questo ci ha colpiti quest’angoscia». [22] Ruben prese a dir loro: «Non vi avevo detto io: “Non peccate contro il ragazzo”? Ma non mi avete dato ascolto. Ecco, ora ci viene domandato conto del suo sangue». [23] Non si accorgevano che Giuseppe li capiva, dato che tra lui e loro vi era l’interprete.
[24] Allora egli andò in disparte e pianse. Poi tornò e parlò con loro. Scelse tra loro Simeone e lo fece incatenare sotto i loro occhi. [25] Quindi Giuseppe diede ordine di riempire di frumento i loro sacchi e di rimettere il denaro di ciascuno nel suo sacco e di dare loro provviste per il viaggio. E così venne loro fatto.
[26] Essi caricarono il grano sugli asini e partirono di là. [27] Ora, in un luogo dove passavano la notte, uno di loro aprì il sacco per dare il foraggio all’asino e vide il proprio denaro alla bocca del sacco. [28]Disse ai fratelli: «Mi è stato restituito il denaro: eccolo qui nel mio sacco!». Allora si sentirono mancare il cuore e, tremanti, si dissero l’un l’altro: «Che è mai questo che Dio ci ha fatto?».
[29] Arrivati da Giacobbe loro padre, nella terra di Canaan, gli riferirono tutte le cose che erano loro capitate: [30] «Quell’uomo, che è il signore di quella terra, ci ha parlato duramente e ci ha trattato come spie del territorio. [31] Gli abbiamo detto: “Noi siamo sinceri; non siamo spie! [32] Noi siamo dodici fratelli, figli dello stesso padre: uno non c’è più e il più giovane è ora presso nostro padre nella terra di Canaan”. [33] Ma l’uomo, signore di quella terra, ci ha risposto: “Mi accerterò se voi siete sinceri in questo modo: lasciate qui con me uno dei vostri fratelli, prendete il grano necessario alle vostre case e andate.[34] Poi conducetemi il vostro fratello più giovane; così mi renderò conto che non siete spie, ma che siete sinceri; io vi renderò vostro fratello e voi potrete circolare nel territorio”».
[35] Mentre svuotavano i sacchi, ciascuno si accorse di avere la sua borsa di denaro nel proprio sacco. Quando essi e il loro padre videro le borse di denaro, furono presi da timore. [36] E il loro padre Giacobbe disse: «Voi mi avete privato dei figli! Giuseppe non c’è più, Simeone non c’è più e Beniamino me lo volete prendere. Tutto ricade su di me!».
[37] Allora Ruben disse al padre: «Farai morire i miei due figli, se non te lo ricondurrò. Affidalo alle mie mani e io te lo restituirò». [38] Ma egli rispose: «Il mio figlio non andrà laggiù con voi, perché suo fratello è morto ed egli è rimasto solo. Se gli capitasse una disgrazia durante il viaggio che voi volete fare, fareste scendere con dolore la mia canizie negli inferi».

Capitolo 43

I figli di Giacobbe di nuovo in Egitto conducendo pure Beniamino – [1] La carestia continuava a gravare sulla terra. [2] Quand’ebbero finito di consumare il grano che avevano portato dall’Egitto, il padre disse loro: «Tornate là e acquistate per noi un po’ di viveri». [3] Ma Giuda gli disse: «Quell’uomo ci ha avvertito severamente: “Non verrete alla mia presenza, se non avrete con voi il vostro fratello!”. [4] Se tu sei disposto a lasciar partire con noi nostro fratello, andremo laggiù e ti compreremo dei viveri. [5] Ma se tu non lo lasci partire, non ci andremo, perché quell’uomo ci ha detto: “Non verrete alla mia presenza, se non avrete con voi il vostro fratello!”». [6] Israele disse: «Perché mi avete fatto questo male: far sapere a quell’uomo che avevate ancora un fratello?». [7] Risposero: «Quell’uomo ci ha interrogati con insistenza intorno a noi e alla nostra parentela: “È ancora vivo vostro padre? Avete qualche altro fratello?”. E noi abbiamo risposto secondo queste domande. Come avremmo potuto sapere che egli avrebbe detto: “Conducete qui vostro fratello”?».
[8] Giuda disse a Israele suo padre: «Lascia venire il giovane con me; prepariamoci a partire per sopravvivere e non morire, noi, tu e i nostri bambini. [9] Io mi rendo garante di lui: dalle mie mani lo reclamerai. Se non te lo ricondurrò, se non te lo riporterò, io sarò colpevole contro di te per tutta la vita.[10] Se non avessimo indugiato, ora saremmo già di ritorno per la seconda volta». [11] Israele, loro padre, rispose: «Se è così, fate pure: mettete nei vostri bagagli i prodotti più scelti della terra e portateli in dono a quell’uomo: un po’ di balsamo, un po’ di miele, resina e làudano, pistacchi e mandorle. [12] Prendete con voi il doppio del denaro, così porterete indietro il denaro che è stato rimesso nella bocca dei vostri sacchi: forse si tratta di un errore. [13] Prendete anche vostro fratello, partite e tornate da quell’uomo. [14] Dio l’Onnipotente vi faccia trovare misericordia presso quell’uomo, così che vi rilasci sia l’altro fratello sia Beniamino. Quanto a me, una volta che non avrò più i miei figli, non li avrò più!». [15] Gli uomini presero dunque questo dono e il doppio del denaro e anche Beniamino, si avviarono, scesero in Egitto e si presentarono a Giuseppe. [16] Quando Giuseppe vide Beniamino con loro, disse al suo maggiordomo: «Conduci questi uomini in casa, macella quello che occorre e apparecchia, perché questi uomini mangeranno con me a mezzogiorno». [17] Quell’uomo fece come Giuseppe aveva ordinato e introdusse quegli uomini nella casa di Giuseppe. [18] Ma essi si spaventarono, perché venivano condotti in casa di Giuseppe, e si dissero: «A causa del denaro, rimesso l’altra volta nei nostri sacchi, ci conducono là: per assalirci, piombarci addosso e prenderci come schiavi con i nostri asini».
[19] Allora si avvicinarono al maggiordomo della casa di Giuseppe e parlarono con lui all’ingresso della casa; [20] dissero: «Perdona, mio signore, noi siamo venuti già un’altra volta per comprare viveri. [21]Quando fummo arrivati a un luogo per passarvi la notte, aprimmo i sacchi ed ecco, il denaro di ciascuno si trovava alla bocca del suo sacco: proprio il nostro denaro con il suo peso esatto. Noi ora l’abbiamo portato indietro [22] e, per acquistare i viveri, abbiamo portato con noi altro denaro. Non sappiamo chi abbia messo nei sacchi il nostro denaro!». [23] Ma quegli disse: «State in pace, non temete! Il vostro Dio e il Dio dei vostri padri vi ha messo un tesoro nei sacchi; il vostro denaro lo avevo ricevuto io». E condusse loro Simeone.
Giuseppe mangia con i suoi fratelli – [24] Quell’uomo fece entrare gli uomini nella casa di Giuseppe, diede loro dell’acqua, perché si lavassero i piedi e diede il foraggio ai loro asini. [25] Essi prepararono il dono nell’attesa che Giuseppe arrivasse a mezzogiorno, perché avevano saputo che avrebbero preso cibo in quel luogo. [26] Quando Giuseppe arrivò a casa, gli presentarono il dono che avevano con sé, e si prostrarono davanti a lui con la faccia a terra. [27] Egli domandò loro come stavano e disse: «Sta bene il vostro vecchio padre di cui mi avete parlato? Vive ancora?». [28] Risposero: «Il tuo servo, nostro padre, sta bene, è ancora vivo» e si inginocchiarono prostrandosi. [29] Egli alzò gli occhi e guardò Beniamino, il suo fratello, figlio della stessa madre, e disse: «È questo il vostro fratello più giovane, di cui mi avete parlato?» e aggiunse: «Dio ti conceda grazia, figlio mio!». [30] Giuseppe si affrettò a uscire, perché si era commosso nell’intimo alla presenza di suo fratello e sentiva il bisogno di piangere; entrò nella sua camera e pianse. [31] Poi si lavò la faccia, uscì e, facendosi forza, ordinò: «Servite il pasto». [32] Fu servito per lui a parte, per loro a parte e per i commensali egiziani a parte, perché gli Egiziani non possono prender cibo con gli Ebrei: ciò sarebbe per loro un abominio. [33] Presero posto davanti a lui dal primogenito al più giovane, ciascuno in ordine di età, e si guardavano con meraviglia l’un l’altro. [34] Egli fece portare loro porzioni prese dalla propria mensa, ma la porzione di Beniamino era cinque volte più abbondante di quella di tutti gli altri. E con lui bevvero fino all’allegria.

Capitolo 44

Giuseppe mette a dura prova i fratelli – [1] Diede poi quest’ordine al suo maggiordomo: «Riempi i sacchi di quegli uomini di tanti viveri quanti ne possono contenere e rimetti il denaro di ciascuno alla bocca del suo sacco. [2] Metterai la mia coppa, la coppa d’argento, alla bocca del sacco del più giovane, insieme con il denaro del suo grano». Quello fece secondo l’ordine di Giuseppe.
[3] Alle prime luci del mattino quegli uomini furono fatti partire con i loro asini. [4] Erano appena usciti dalla città e ancora non si erano allontanati, quando Giuseppe disse al suo maggiordomo: «Su, insegui quegli uomini, raggiungili e di’ loro: “Perché avete reso male per bene? [5] Non è forse questa la coppa in cui beve il mio signore e per mezzo della quale egli suole trarre i presagi? Avete fatto male a fare così”». [6]Egli li raggiunse e ripeté loro queste parole. [7] Quelli gli risposero: «Perché il mio signore dice questo? Lontano dai tuoi servi il fare una cosa simile! [8] Ecco, se ti abbiamo riportato dalla terra di Canaan il denaro che abbiamo trovato alla bocca dei nostri sacchi, come avremmo potuto rubare argento o oro dalla casa del tuo padrone? [9] Quello dei tuoi servi, presso il quale si troverà, sia messo a morte e anche noi diventeremo schiavi del mio signore». [10] Rispose: «Ebbene, come avete detto, così sarà: colui, presso il quale si troverà la coppa, diventerà mio schiavo e voi sarete innocenti». [11] Ciascuno si affrettò a scaricare a terra il suo sacco e lo aprì. [12] Quegli li frugò cominciando dal maggiore e finendo con il più piccolo, e la coppa fu trovata nel sacco di Beniamino.
[13] Allora essi si stracciarono le vesti, ricaricarono ciascuno il proprio asino e tornarono in città. [14]Giuda e i suoi fratelli vennero nella casa di Giuseppe, che si trovava ancora là, e si gettarono a terra davanti a lui. [15] Giuseppe disse loro: «Che azione avete commesso? Non vi rendete conto che un uomo come me è capace di indovinare?». [16] Giuda disse: «Che diremo al mio signore? Come parlare? Come giustificarci? Dio stesso ha scoperto la colpa dei tuoi servi! Eccoci schiavi del mio signore, noi e colui che è stato trovato in possesso della coppa». [17] Ma egli rispose: «Lontano da me fare una cosa simile! L’uomo trovato in possesso della coppa, quello sarà mio schiavo: quanto a voi, tornate in pace da vostro padre».
Giuda si offre schiavo per Beniamino – [18] Allora Giuda gli si fece innanzi e disse: «Perdona, mio signore, sia permesso al tuo servo di far sentire una parola agli orecchi del mio signore; non si accenda la tua ira contro il tuo servo, perché uno come te è pari al faraone! [19] Il mio signore aveva interrogato i suoi servi: “Avete ancora un padre o un fratello?”. [20] E noi avevamo risposto al mio signore: “Abbiamo un padre vecchio e un figlio ancora giovane natogli in vecchiaia, il fratello che aveva è morto ed egli è rimasto l’unico figlio di quella madre e suo padre lo ama”. [21] Tu avevi detto ai tuoi servi: “Conducetelo qui da me, perché possa vederlo con i miei occhi”. [22] Noi avevamo risposto al mio signore: “Il giovinetto non può abbandonare suo padre: se lascerà suo padre, questi ne morirà”. [23] Ma tu avevi ingiunto ai tuoi servi: “Se il vostro fratello minore non verrà qui con voi, non potrete più venire alla mia presenza”. [24] Fatto ritorno dal tuo servo, mio padre, gli riferimmo le parole del mio signore. [25] E nostro padre disse: “Tornate ad acquistare per noi un po’ di viveri”. [26] E noi rispondemmo: “Non possiamo ritornare laggiù: solo se verrà con noi il nostro fratello minore, andremo; non saremmo ammessi alla presenza di quell’uomo senza avere con noi il nostro fratello minore”. [27] Allora il tuo servo, mio padre, ci disse: “Voi sapete che due figli mi aveva procreato mia moglie. [28] Uno partì da me e dissi: certo è stato sbranato! Da allora non l’ho più visto. [29] Se ora mi porterete via anche questo e gli capitasse una disgrazia, voi fareste scendere con dolore la mia canizie negli inferi”. [30] Ora, se io arrivassi dal tuo servo, mio padre, e il giovinetto non fosse con noi, poiché la vita dell’uno è legata alla vita dell’altro, [31] non appena egli vedesse che il giovinetto non è con noi, morirebbe, e i tuoi servi avrebbero fatto scendere con dolore negli inferi la canizie del tuo servo, nostro padre. [32] Ma il tuo servo si è reso garante del giovinetto presso mio padre dicendogli: “Se non te lo ricondurrò, sarò colpevole verso mio padre per tutta la vita”. [33] Ora, lascia che il tuo servo rimanga al posto del giovinetto come schiavo del mio signore e il giovinetto torni lassù con i suoi fratelli! [34] Perché, come potrei tornare da mio padre senza avere con me il giovinetto? Che io non veda il male che colpirebbe mio padre!».

Capitolo 45

Giuseppe si fa conoscere dai fratelli – [1] Allora Giuseppe non poté più trattenersi dinanzi a tutti i circostanti e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!». Così non restò nessun altro presso di lui, mentre Giuseppe si faceva conoscere dai suoi fratelli. [2] E proruppe in un grido di pianto. Gli Egiziani lo sentirono e la cosa fu risaputa nella casa del faraone. [3] Giuseppe disse ai fratelli: «Io sono Giuseppe! È ancora vivo mio padre?». Ma i suoi fratelli non potevano rispondergli, perché sconvolti dalla sua presenza.[4] Allora Giuseppe disse ai fratelli: «Avvicinatevi a me!». Si avvicinarono e disse loro: «Io sono Giuseppe, il vostro fratello, quello che voi avete venduto sulla via verso l’Egitto. [5] Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita.[6] Perché già da due anni vi è la carestia nella regione e ancora per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura. [7] Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nella terra e per farvi vivere per una grande liberazione. [8] Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio. Egli mi ha stabilito padre per il faraone, signore su tutta la sua casa e governatore di tutto il territorio d’Egitto. [9]Affrettatevi a salire da mio padre e ditegli: “Così dice il tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore di tutto l’Egitto. Vieni quaggiù presso di me senza tardare. [10] Abiterai nella terra di Gosen e starai vicino a me tu con i tuoi figli e i figli dei tuoi figli, le tue greggi e i tuoi armenti e tutti i tuoi averi. [11] Là io provvederò al tuo sostentamento, poiché la carestia durerà ancora cinque anni, e non cadrai nell’indigenza tu, la tua famiglia e quanto possiedi”. [12] Ed ecco, i vostri occhi lo vedono e lo vedono gli occhi di mio fratello Beniamino: è la mia bocca che vi parla! [13] Riferite a mio padre tutta la gloria che io ho in Egitto e quanto avete visto; affrettatevi a condurre quaggiù mio padre». [14] Allora egli si gettò al collo di suo fratello Beniamino e pianse. Anche Beniamino piangeva, stretto al suo collo. [15] Poi baciò tutti i fratelli e pianse. Dopo, i suoi fratelli si misero a conversare con lui.
[16] Intanto nella casa del faraone si era diffusa la voce: «Sono venuti i fratelli di Giuseppe!» e questo fece piacere al faraone e ai suoi ministri. [17] Allora il faraone disse a Giuseppe: «Di’ ai tuoi fratelli: “Fate così: caricate le cavalcature, partite e andate nella terra di Canaan. [18] Prendete vostro padre e le vostre famiglie e venite da me: io vi darò il meglio del territorio d’Egitto e mangerete i migliori prodotti della terra”. [19] Quanto a te, da’ loro questo comando: “Fate così: prendete con voi dalla terra d’Egitto carri per i vostri bambini e le vostre donne, caricate vostro padre e venite. [20] Non abbiate rincrescimento per i vostri beni, perché il meglio di tutta la terra d’Egitto sarà vostro”».
Ritorno in Canaan e gioia di Giacobbe – [21] Così fecero i figli d’Israele. Giuseppe diede loro carri secondo l’ordine del faraone e consegnò loro una provvista per il viaggio. [22] Diede a tutti un cambio di abiti per ciascuno, ma a Beniamino diede trecento sicli d’argento e cinque cambi di abiti. [23] Inoltre mandò al padre dieci asini carichi dei migliori prodotti dell’Egitto e dieci asine cariche di frumento, pane e viveri per il viaggio del padre. [24] Poi congedò i fratelli e, mentre partivano, disse loro: «Non litigate durante il viaggio!».
[25] Così essi salirono dall’Egitto e arrivarono nella terra di Canaan, dal loro padre Giacobbe, [26] e gli riferirono: «Giuseppe è ancora vivo, anzi governa lui tutto il territorio d’Egitto!». Ma il suo cuore rimase freddo, perché non poteva credere loro. [27] Quando però gli riferirono tutte le parole che Giuseppe aveva detto loro ed egli vide i carri che Giuseppe gli aveva mandato per trasportarlo, allora lo spirito del loro padre Giacobbe si rianimò. [28] Israele disse: «Basta! Giuseppe, mio figlio, è vivo. Voglio andare a vederlo, prima di morire!».

Capitolo 46

Giacobbe va in Egitto con tutta la famiglia – [1] Israele dunque levò le tende con quanto possedeva e arrivò a Bersabea, dove offrì sacrifici al Dio di suo padre Isacco. [2] Dio disse a Israele in una visione nella notte: «Giacobbe, Giacobbe!». Rispose: «Eccomi!». [3] Riprese: «Io sono Dio, il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto, perché laggiù io farò di te una grande nazione. [4] Io scenderò con te in Egitto e io certo ti farò tornare. Giuseppe ti chiuderà gli occhi con le sue mani».
[5] Giacobbe partì da Bersabea e i figli d’Israele fecero salire il loro padre Giacobbe, i loro bambini e le loro donne sui carri che il faraone aveva mandato per trasportarlo. [6] Presero il loro bestiame e tutti i beni che avevano acquistato nella terra di Canaan e vennero in Egitto, Giacobbe e con lui tutti i suoi discendenti. [7]Egli condusse con sé in Egitto i suoi figli e i nipoti, le sue figlie e le nipoti, tutti i suoi discendenti. [8]Questi sono i nomi dei figli d’Israele che entrarono in Egitto: Giacobbe e i suoi figli, il primogenito di Giacobbe, Ruben. [9] I figli di Ruben: Enoc, Pallu, Chesron e Carmì. [10] I figli di Simeone: Iemuèl, Iamin, Oad, Iachin, Socar e Saul, figlio della Cananea. [11] I figli di Levi: Gherson, Keat e Merarì. [12] I figli di Giuda: Er, Onan, Sela, Peres e Zerach; ma Er e Onan erano morti nella terra di Canaan. Furono figli di Peres: Chesron e Camul. [13] I figli di Ìssacar: Tola, Puva, Iob e Simron. [14] I figli di Zàbulon: Sered, Elon e Iacleèl. [15] Questi sono i figli che Lia partorì a Giacobbe in Paddan-Aram oltre alla figlia Dina; tutti i figli e le figlie di Giacobbe erano trentatré persone.
[16] I figli di Gad: Sifiòn, Agghì, Sunì, Esbon, Erì, Arodì e Arelì. [17] I figli di Aser: Imna, Isva, Isvì, Berià e la loro sorella Serach. I figli di Berià: Cheber e Malchièl. [18] Questi sono i figli di Zilpa, che Làbano aveva dato come schiava alla figlia Lia; ella li partorì a Giacobbe: erano sedici persone.
[19] I figli di Rachele, moglie di Giacobbe: Giuseppe e Beniamino. [20] A Giuseppe erano nati in Egitto Èfraim e Manasse, che gli partorì Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliòpoli. [21] I figli di Beniamino: Bela, Becher e Asbel, Ghera, Naamàn, Echì, Ros, Muppìm, Uppìm e Ard. [22] Questi sono i figli che Rachele partorì a Giacobbe; in tutto quattordici persone.
[23] I figli di Dan: Cusìm. [24] I figli di Nèftali: Iacseèl, Gunì, Ieser e Sillem. [25] Questi sono i figli di Bila, che Làbano diede come schiava alla figlia Rachele, ed ella li partorì a Giacobbe; in tutto sette persone.
[26] Tutte le persone che entrarono con Giacobbe in Egitto, discendenti da lui, senza contare le mogli dei figli di Giacobbe, furono sessantasei. [27] I figli che nacquero a Giuseppe in Egitto furono due. Tutte le persone della famiglia di Giacobbe, che entrarono in Egitto, ammontano a settanta.
Incontro di Giacobbe con Giuseppe – [28] Egli aveva mandato Giuda davanti a sé da Giuseppe, perché questi desse istruzioni in Gosen prima del suo arrivo. Arrivarono quindi alla terra di Gosen. [29]Allora Giuseppe fece attaccare il suo carro e salì incontro a Israele, suo padre, in Gosen. Appena se lo vide davanti, gli si gettò al collo e pianse a lungo, stretto al suo collo. [30] Israele disse a Giuseppe: «Posso anche morire, questa volta, dopo aver visto la tua faccia, perché sei ancora vivo». [31] Allora Giuseppe disse ai fratelli e alla famiglia del padre: «Vado a informare il faraone e a dirgli: “I miei fratelli e la famiglia di mio padre, che erano nella terra di Canaan, sono venuti da me. [32] Questi uomini sono pastori di greggi, si occupano di bestiame e hanno portato le loro greggi, i loro armenti e tutti i loro averi”. [33]Quando dunque il faraone vi chiamerà e vi domanderà: “Qual è il vostro mestiere?”, [34] risponderete: “I tuoi servi sono stati gente dedita al bestiame; lo furono i nostri padri e lo siamo noi dalla nostra fanciullezza fino ad ora”. Questo perché possiate risiedere nella terra di Gosen». Perché tutti i pastori di greggi sono un abominio per gli Egiziani.

Capitolo 47

Giacobbe e i suoi figli presentati a Faraone – [1] Giuseppe andò a informare il faraone dicendogli: «Mio padre e i miei fratelli con le loro greggi e i loro armenti e con tutti i loro averi sono venuti dalla terra di Canaan; eccoli nella terra di Gosen». [2] Intanto prese cinque uomini dal gruppo dei suoi fratelli e li presentò al faraone. [3] Il faraone domandò loro: «Qual è il vostro mestiere?». Essi risposero al faraone: «Pastori di greggi sono i tuoi servi, lo siamo noi e lo furono i nostri padri». [4] E dissero al faraone: «Siamo venuti per soggiornare come forestieri nella regione, perché non c’è più pascolo per il gregge dei tuoi servi; infatti è grave la carestia nella terra di Canaan. E ora lascia che i tuoi servi si stabiliscano nella terra di Gosen!».
[5] Allora il faraone disse a Giuseppe: «Tuo padre e i tuoi fratelli sono dunque venuti da te. [6] Ebbene, la terra d’Egitto è a tua disposizione: fa’ risiedere tuo padre e i tuoi fratelli nella regione migliore. Risiedano pure nella terra di Gosen. Se tu sai che vi sono tra loro uomini capaci, costituiscili sopra i miei averi in qualità di sorveglianti sul bestiame».
Nella terra di Gessen – [7] Quindi Giuseppe introdusse Giacobbe, suo padre, e lo presentò al faraone, e Giacobbe benedisse il faraone. [8] Il faraone domandò a Giacobbe: «Quanti anni hai?». [9] Giacobbe rispose al faraone: «Centotrenta di vita errabonda, pochi e tristi sono stati gli anni della mia vita e non hanno raggiunto il numero degli anni dei miei padri, al tempo della loro vita errabonda». [10] E Giacobbe benedisse il faraone e si allontanò dal faraone.
[11] Giuseppe fece risiedere suo padre e i suoi fratelli e diede loro una proprietà nella terra d’Egitto, nella regione migliore, nel territorio di Ramses, come aveva comandato il faraone. [12] Giuseppe provvide al sostentamento del padre, dei fratelli e di tutta la famiglia di suo padre, secondo il numero dei bambini.
Nuovi provvedimenti di Giuseppe – [13] Ora non c’era pane in tutta la terra, perché la carestia era molto grave: la terra d’Egitto e la terra di Canaan languivano per la carestia. [14] Giuseppe raccolse tutto il denaro che si trovava nella terra d’Egitto e nella terra di Canaan in cambio del grano che essi acquistavano; Giuseppe consegnò questo denaro alla casa del faraone.
[15] Quando fu esaurito il denaro della terra d’Egitto e della terra di Canaan, tutti gli Egiziani vennero da Giuseppe a dire: «Dacci del pane! Perché dovremmo morire sotto i tuoi occhi? Infatti non c’è più denaro».[16] Rispose Giuseppe: «Se non c’è più denaro, cedetemi il vostro bestiame e io vi darò pane in cambio del vostro bestiame». [17] Condussero così a Giuseppe il loro bestiame e Giuseppe diede loro il pane in cambio dei cavalli e delle pecore, dei buoi e degli asini; così in quell’anno li nutrì di pane in cambio di tutto il loro bestiame.
[18] Passato quell’anno, vennero da lui l’anno successivo e gli dissero: «Non nascondiamo al mio signore che si è esaurito il denaro e anche il possesso del bestiame è passato al mio signore, non rimane più a disposizione del mio signore se non il nostro corpo e il nostro terreno. [19] Perché dovremmo perire sotto i tuoi occhi, noi e la nostra terra? Acquista noi e la nostra terra in cambio di pane e diventeremo servi del faraone noi con la nostra terra; ma dacci di che seminare, così che possiamo vivere e non morire e il suolo non diventi un deserto!». [20] Allora Giuseppe acquistò per il faraone tutto il terreno dell’Egitto, perché gli Egiziani vendettero ciascuno il proprio campo, tanto infieriva su di loro la carestia. Così la terra divenne proprietà del faraone. [21] Quanto al popolo, egli lo trasferì nelle città da un capo all’altro dell’Egitto. [22]Soltanto il terreno dei sacerdoti egli non acquistò, perché i sacerdoti avevano un’assegnazione fissa da parte del faraone e si nutrivano dell’assegnazione che il faraone passava loro; per questo non vendettero il loro terreno.
[23] Poi Giuseppe disse al popolo: «Vedete, io ho acquistato oggi per il faraone voi e il vostro terreno. Eccovi il seme: seminate il terreno. [24] Ma quando vi sarà il raccolto, voi ne darete un quinto al faraone e quattro parti saranno vostre, per la semina dei campi, per il nutrimento vostro e di quelli di casa vostra e per il nutrimento dei vostri bambini». [25] Gli risposero: «Ci hai salvato la vita! Ci sia solo concesso di trovare grazia agli occhi del mio signore e saremo servi del faraone!». [26] Così Giuseppe fece di questo una legge in vigore fino ad oggi sui terreni d’Egitto, secondo la quale si deve dare la quinta parte al faraone. Soltanto i terreni dei sacerdoti non divennero proprietà del faraone.
Giacobbe chiede di essere sepolto in Ebron – [27] Gli Israeliti intanto si stabilirono nella terra d’Egitto, nella regione di Gosen, ebbero proprietà e furono fecondi e divennero molto numerosi.
[28] Giacobbe visse nella terra d’Egitto diciassette anni e gli anni della sua vita furono centoquarantasette.[29] Quando fu vicino il tempo della sua morte, Israele chiamò il figlio Giuseppe e gli disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, metti la mano sotto la mia coscia e usa con me bontà e fedeltà: non seppellirmi in Egitto! [30] Quando io mi sarò coricato con i miei padri, portami via dall’Egitto e seppelliscimi nel loro sepolcro». Rispose: «Farò come hai detto». [31] Riprese: «Giuramelo!». E glielo giurò. Allora Israele si prostrò sul capezzale del letto.

Capitolo 48

Giacobbe adotta i due figli di Giuseppe – [1] Dopo queste cose, fu riferito a Giuseppe: «Ecco, tuo padre è malato!». Allora egli prese con sé i due figli Manasse ed Èfraim. [2] Fu riferita la cosa a Giacobbe: «Ecco, tuo figlio Giuseppe è venuto da te». Allora Israele raccolse le forze e si mise a sedere sul letto. [3]Giacobbe disse a Giuseppe: «Dio l’Onnipotente mi apparve a Luz, nella terra di Canaan, e mi benedisse [4]dicendomi: “Ecco, io ti rendo fecondo: ti moltiplicherò e ti farò diventare un insieme di popoli e darò questa terra alla tua discendenza dopo di te, in possesso perenne”. [5] Ora i due figli che ti sono nati nella terra d’Egitto prima del mio arrivo presso di te in Egitto, li considero miei: Èfraim e Manasse saranno miei, come Ruben e Simeone. [6] Invece i figli che tu avrai generato dopo di essi apparterranno a te: saranno chiamati con il nome dei loro fratelli nella loro eredità. [7] Quanto a me, mentre giungevo da Paddan, tua madre Rachele mi morì nella terra di Canaan durante il viaggio, quando mancava un tratto di cammino per arrivare a Èfrata, e l’ho sepolta là lungo la strada di Èfrata, cioè Betlemme».
[8] Israele vide i figli di Giuseppe e disse: «Chi sono questi?». [9] Giuseppe disse al padre: «Sono i figli che Dio mi ha dato qui». Riprese: «Portameli, perché io li benedica!». [10] Gli occhi d’Israele erano offuscati dalla vecchiaia: non poteva più distinguere. Giuseppe li avvicinò a lui, che li baciò e li abbracciò. [11]Israele disse a Giuseppe: «Io non pensavo più di vedere il tuo volto; ma ecco, Dio mi ha concesso di vedere anche la tua prole!». [12] Allora Giuseppe li ritirò dalle sue ginocchia e si prostrò con la faccia a terra. [13]Li prese tutti e due, Èfraim con la sua destra, alla sinistra d’Israele, e Manasse con la sua sinistra, alla destra d’Israele, e li avvicinò a lui. [14] Ma Israele stese la mano destra e la pose sul capo di Èfraim, che pure era il più giovane, e la sua sinistra sul capo di Manasse, incrociando le braccia, benché Manasse fosse il primogenito. [15] E così benedisse Giuseppe:
«Il Dio, alla cui presenza hanno camminato
i miei padri, Abramo e Isacco,
il Dio che è stato il mio pastore
da quando esisto fino ad oggi,
[16] l’angelo che mi ha liberato da ogni male,
benedica questi ragazzi!
Sia ricordato in essi il mio nome
e il nome dei miei padri, Abramo e Isacco,
e si moltiplichino in gran numero
in mezzo alla terra!».
[17] Giuseppe notò che il padre aveva posato la destra sul capo di Èfraim e ciò gli spiacque. Prese dunque la mano del padre per toglierla dal capo di Èfraim e porla sul capo di Manasse. [18] Disse al padre: «Non così, padre mio: è questo il primogenito, posa la destra sul suo capo!». [19] Ma il padre rifiutò e disse: «Lo so, figlio mio, lo so: anch’egli diventerà un popolo, anch’egli sarà grande, ma il suo fratello minore sarà più grande di lui, e la sua discendenza diventerà una moltitudine di nazioni». [20] E li benedisse in quel giorno:
«Di te si servirà Israele per benedire, dicendo:
“Dio ti renda come Èfraim e come Manasse!”».
Così pose Èfraim prima di Manasse.
[21] Quindi Israele disse a Giuseppe: «Ecco, io sto per morire, ma Dio sarà con voi e vi farà tornare alla terra dei vostri padri. [22] Quanto a me, io do a te, in più che ai tuoi fratelli, un dorso di monte, che io ho conquistato dalle mani degli Amorrei, con la spada e l’arco».

Capitolo 49

Giacobbe benedice i suoi dodici figli – [1] Quindi Giacobbe chiamò i figli e disse: «Radunatevi, perché io vi annunci quello che vi accadrà nei tempi futuri.
[2] Radunatevi e ascoltate, figli di Giacobbe,
ascoltate Israele, vostro padre!
[3] Ruben, tu sei il mio primogenito,
il mio vigore e la primizia della mia virilità,
esuberante in fierezza ed esuberante in forza!
[4] Bollente come l’acqua, tu non avrai preminenza,
perché sei salito sul talamo di tuo padre,
hai profanato così il mio giaciglio.
[5] Simeone e Levi sono fratelli,
strumenti di violenza sono i loro coltelli.
[6] Nel loro conciliabolo non entri l’anima mia,
al loro convegno non si unisca il mio cuore,
perché nella loro ira hanno ucciso gli uomini
e nella loro passione hanno mutilato i tori.
[7] Maledetta la loro ira, perché violenta,
e la loro collera, perché crudele!
Io li dividerò in Giacobbe
e li disperderò in Israele.
[8] Giuda, ti loderanno i tuoi fratelli;
la tua mano sarà sulla cervice dei tuoi nemici;
davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre.
[9] Un giovane leone è Giuda:
dalla preda, figlio mio, sei tornato;
si è sdraiato, si è accovacciato come un leone
e come una leonessa; chi lo farà alzare?
[10] Non sarà tolto lo scettro da Giuda
né il bastone del comando tra i suoi piedi,
finché verrà colui al quale esso appartiene
e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli.
[11] Egli lega alla vite il suo asinello
e a una vite scelta il figlio della sua asina,
lava nel vino la sua veste
e nel sangue dell’uva il suo manto;
[12] scuri ha gli occhi più del vino
e bianchi i denti più del latte.
[13] Zàbulon giace lungo il lido del mare
e presso l’approdo delle navi,
con il fianco rivolto a Sidone.
[14] Ìssacar è un asino robusto,
accovacciato tra un doppio recinto.
[15] Ha visto che il luogo di riposo era bello,
che la terra era amena;
ha piegato il dorso a portare la soma
ed è stato ridotto ai lavori forzati.
[16] Dan giudica il suo popolo
come una delle tribù d’Israele.
[17] Sia Dan un serpente sulla strada, una vipera cornuta sul sentiero,
che morde i garretti del cavallo,
così che il suo cavaliere cada all’indietro.
[18] Io spero nella tua salvezza, Signore!
[19] Gad, predoni lo assaliranno,
ma anche lui li assalirà alle calcagna.
[20] Aser, il suo pane è pingue:
egli fornisce delizie da re.
[21] Nèftali è una cerva slanciata;
egli propone parole d’incanto.
[22] Germoglio di ceppo fecondo è Giuseppe;
germoglio di ceppo fecondo presso una fonte,
i cui rami si stendono sul muro.
[23] Lo hanno esasperato e colpito,
lo hanno perseguitato i tiratori di frecce.
[24] Ma fu spezzato il loro arco,
furono snervate le loro braccia
per le mani del Potente di Giacobbe,
per il nome del Pastore, Pietra d’Israele.
[25] Per il Dio di tuo padre: egli ti aiuti,
e per il Dio l’Onnipotente: egli ti benedica!
Con benedizioni del cielo dall’alto,
benedizioni dell’abisso nel profondo,
benedizioni delle mammelle e del grembo.
[26] Le benedizioni di tuo padre sono superiori
alle benedizioni dei monti antichi,
alle attrattive dei colli perenni.
Vengano sul capo di Giuseppe
e sulla testa del principe tra i suoi fratelli!
[27] Beniamino è un lupo che sbrana:
al mattino divora la preda
e alla sera spartisce il bottino».
Morte di Giacobbe – [28] Tutti questi formano le dodici tribù d’Israele. Questo è ciò che disse loro il padre nell’atto di benedirli; egli benedisse ciascuno con una benedizione particolare.
[29] Poi diede loro quest’ordine: «Io sto per essere riunito ai miei antenati: seppellitemi presso i miei padri nella caverna che è nel campo di Efron l’Ittita, [30] nella caverna che si trova nel campo di Macpela di fronte a Mamre, nella terra di Canaan, quella che Abramo acquistò con il campo di Efron l’Ittita come proprietà sepolcrale. [31] Là seppellirono Abramo e Sara sua moglie, là seppellirono Isacco e Rebecca sua moglie e là seppellii Lia. [32] La proprietà del campo e della caverna che si trova in esso è stata acquistata dagli Ittiti».
[33] Quando Giacobbe ebbe finito di dare quest’ordine ai figli, ritrasse i piedi nel letto e spirò, e fu riunito ai suoi antenati.

Capitolo 50

Sepoltura di Giacobbe in Ebron – [1] Allora Giuseppe si gettò sul volto di suo padre, pianse su di lui e lo baciò. [2] Quindi Giuseppe ordinò ai medici al suo servizio di imbalsamare suo padre. I medici imbalsamarono Israele [3] e vi impiegarono quaranta giorni, perché tanti ne occorrono per l’imbalsamazione. Gli Egiziani lo piansero settanta giorni.
[4] Passati i giorni del lutto, Giuseppe parlò alla casa del faraone: «Se ho trovato grazia ai vostri occhi, vogliate riferire agli orecchi del faraone queste parole. [5] Mio padre mi ha fatto fare un giuramento, dicendomi: “Ecco, io sto per morire: tu devi seppellirmi nel sepolcro che mi sono scavato nella terra di Canaan”. Ora, possa io andare a seppellire mio padre e poi tornare». [6] Il faraone rispose: «Va’ e seppellisci tuo padre, come egli ti ha fatto giurare».
[7] Giuseppe andò a seppellire suo padre e con lui andarono tutti i ministri del faraone, gli anziani della sua casa, tutti gli anziani della terra d’Egitto, [8] tutta la casa di Giuseppe, i suoi fratelli e la casa di suo padre. Lasciarono nella regione di Gosen soltanto i loro bambini, le loro greggi e i loro armenti. [9]Andarono con lui anche i carri da guerra e la cavalleria, così da formare una carovana imponente. [10]Quando arrivarono all’aia di Atad, che è al di là del Giordano, fecero un lamento molto grande e solenne, e Giuseppe celebrò per suo padre un lutto di sette giorni. [11] I Cananei che abitavano la terra videro il lutto all’aia di Atad e dissero: «È un lutto grave questo per gli Egiziani». Per questo la si chiamò Abel-Misràim; essa si trova al di là del Giordano.
[12] I figli di Giacobbe fecero per lui così come aveva loro comandato. [13] I suoi figli lo portarono nella terra di Canaan e lo seppellirono nella caverna del campo di Macpela, quel campo che Abramo aveva acquistato, come proprietà sepolcrale, da Efron l’Ittita, e che si trova di fronte a Mamre. [14] Dopo aver sepolto suo padre, Giuseppe tornò in Egitto insieme con i suoi fratelli e con quanti erano andati con lui a seppellire suo padre.
Ultimi anni di Giuseppe – [15] Ma i fratelli di Giuseppe cominciarono ad aver paura, dato che il loro padre era morto, e dissero: «Chissà se Giuseppe non ci tratterà da nemici e non ci renderà tutto il male che noi gli abbiamo fatto?». [16] Allora mandarono a dire a Giuseppe: «Tuo padre prima di morire ha dato quest’ordine: [17] “Direte a Giuseppe: Perdona il delitto dei tuoi fratelli e il loro peccato, perché ti hanno fatto del male!”. Perdona dunque il delitto dei servi del Dio di tuo padre!». Giuseppe pianse quando gli si parlò così. [18] E i suoi fratelli andarono e si gettarono a terra davanti a lui e dissero: «Eccoci tuoi schiavi!». [19] Ma Giuseppe disse loro: «Non temete. Tengo io forse il posto di Dio? [20] Se voi avevate tramato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso. [21] Dunque non temete, io provvederò al sostentamento per voi e per i vostri bambini». Così li consolò parlando al loro cuore.
[22] Giuseppe con la famiglia di suo padre abitò in Egitto; egli visse centodieci anni. [23] Così Giuseppe vide i figli di Èfraim fino alla terza generazione e anche i figli di Machir, figlio di Manasse, nacquero sulle ginocchia di Giuseppe. [24] Poi Giuseppe disse ai fratelli: «Io sto per morire, ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questa terra, verso la terra che egli ha promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe». [25] Giuseppe fece giurare ai figli d’Israele così: «Dio verrà certo a visitarvi e allora voi porterete via di qui le mie ossa».
[26] Giuseppe morì all’età di centodieci anni; lo imbalsamarono e fu posto in un sarcofago in Egitto.